Secondo i giovani oggi è debole la condanna sociale per il manager cocainomane (per il 75%) o per la donna che usa il proprio corpo per fare carriera (73%)
Secondo un?indagine del Censis, oggi i giovani (18-30 anni) pensano che avere successo nella vita significa soprattutto realizzare le proprie aspirazioni (37,9%), ma anche fare qualcosa di utile per gli altri (26,1%) e, quasi a pari merito, essere se stessi (25,4%). L?affermazione della propria personalità è un valore in sé e slega il successo dal raggiungimento di obiettivi specifici e concreti. Ma il modello vincente che la società propone è quello di diventare ricchi e famosi (lo pensa il 31,3%).

Le opinioni dei giovani proiettano l?immagine di una società caratterizzata ormai da un relativismo esasperato, che stenta a condannare anche i comportamenti riprovevoli: per il 75,2% la società esprime una debole condanna per il manager di successo che fa uso di cocaina, o la donna che usa il proprio corpo per affermarsi e fare carriera (73,3%), lo studente modello che si sballa tutti i fine settimana (67,2%), l?imprenditore affermato che usa lavoratori in nero (65,4%), il magistrato con amicizie poco raccomandabili (65%), l?uomo politico con una vita trasgressiva nascosta (63,1%), il professore universitario che fa carriera con i concorsi truccati (58,4%). La poltiglia valoriale e comportamentale sembra sempre più accettata dal corpo sociale, sulla scia di una malintesa retorica della «libertà di essere se stessi».

In una generale deregulation dei comportamenti, la ritualizzazione del tempo libero (il fine settimana, la vacanza) si accompagna a un?ampia gamma di azioni fortemente a rischio. Il sabato sera si registra il picco di giovani (entrambi i sessi) che dichiarano di aver bevuto alcol (l?86% circa a fronte dell?1,9% delle ragazze e del 3,9% dei ragazzi che bevono, ad esempio, il lunedì). Si può stimare che il 22,4% dei ragazzi e il 13% delle ragazze tra 11 e 18 anni (quasi 839 mila persone) hanno uno stile di consumo di alcol rischioso o dannoso.

Anche sul fronte delle droghe appare sempre più diffuso un modello di consumo «compatibile», di trasgressione controllata, con l?incremento dell?uso di droghe da prestazione (la cocaina o le anfetamine), il crollo dei consumi di sostanze come l?eroina poco conciliabili con la normalità della vita quotidiana, e la diffusione continua di nuove forme di ritualizzazione dei consumi (l?ecstasy nei fine settimana). Le persone segnalate per cocaina sono aumentate da 7.850 nel 1999 a 13.143 nel 2008 (mentre diminuivano da 9.937 a 6.176 quelle per eroina), tra il 2001 e il 2007 le dosi di droghe sintetiche sequestrate sono passate da 315.779 a 393.457.

E si concentrano nel fine settimana anche le sregolatezze sulle strade più gravi: quasi la metà dei morti per incidenti stradali, il 70,7% delle contravvenzioni per guida in stato di ebbrezza e il 47,4% di quelle per guida sotto l?effetto di sostanze stupefacenti.

La trasgressione non scandalizza più. Se esiste ancora un richiamo collettivo condiviso, è il primato del soggetto: il criterio di legittimità del comportamento è la scelta individuale. Vince così il gioco virtuale dell?affermazione di sé. La regola dell?apparizione televisiva e del successo mediatico è proprio quella dell?essere se stessi, dell?affermazione della propria opinione e immagine, qualunque essa sia. Alle selezioni per partecipare al «Grande Fratello» si sono registrate oltre 20.000 presenze per ciascuna delle 9 edizioni realizzate dal 2000 al 2009. Anche il boom di Facebook può essere inserito in questa tendenza al casting personale di massa, per amplificare l?auto-rappresentazione di sé. In Italia gli utenti sono arrivati a 9,7 milioni (oltre 5 milioni maschi, circa 4,5 femmine), con un’articolazione per età che evidenzia una maggiore diffusione tra i giovani (il 26,9% degli utenti ha 18-24 anni e il 31,2% 25-34 anni). In un solo anno gli utenti di Facebook in Italia sono passati dal 2% al 44% dei navigatori del web.

Quello della libertà di essere se stessi è un lungo ciclo storico-culturale – cominciato in Italia negli anni ?70 – destinato probabilmente a finire non in modo repentino, ma attraverso un silenzioso sfarinamento nel tempo, verosimilmente senza scosse.