Quest?anno Praxis ha scelto la M come lettera-guida dei suoi incontri: M come Mercato, Maternità, Migrazioni.
Sono temi senz?altro importanti e impegnativi, a cui se ne sarebbero potuti aggiungere altri altrettanto importanti: ad esempio M come Mass Media, il Censis ha da poco presentato il suo ultimo rapporto ?I Media tra crisi e metamorfosi?, carico di spunti di riflessione.
Oppure M come Muro, partendo dall?abbattimento del muro di Berlino, di cui si è appena celebrato il ventennale, per arrivare ai tanti muri ancora saldamente in piedi nel nostro sistema sociale, in Europa e negli altri continenti.
M come Mobilità, sia riferita allo stato dei nostri trasporti – oscillanti tra novità (il completamento dell?Alta Velocità) e arretratezze insostenibili nel trasporto merci, pendolare, urbano – sia riferita alla mobilità sociale: esiste ancora in Italia la possibilità di passare da una classe sociale ad un?altra superiore, o la mobilità sociale è solo verso il basso con l?innalzamento della soglia di povertà?
Oppure, per stare in temi più politici e meno sociali, potrei proporre M come Masochismo, del centrosinistra s?intende, in quanto ancora non mi capacito di essere governato dal centrodestra quando – nessuno ci pensa, evidentemente lo abbiamo in fretta rimosso – potremmo stare ancora nel bel mezzo del governo Prodi, che avrebbe terminato i suoi giorni in un ancora lontano 2011, se un signore ? M come Mastella ? per i suoi fatti giudiziari non ne avesse accelerato l?eutanasia.
M come Morte, allora, ecco un altro tema all?ordine del giorno con la presentazione delle proposte di legge sul testamento biologico.
Il Censis, che spesso è il mio punto di riferimento, aggiungerebbe altri due temi: M come Mucillagine e M come Metamorfosi, termini molto usati negli ultimi due Rapporti sulla situazione sociale del Paese per descrivere una società, quella italiana, ingessata, ma che è costretta a cambiare, suo malgrado, per adeguarsi alla crisi economica in atto.
E? chiaro che di tutto non si può parlare nonostante la nostra aspettativa di vita sia ancora lunga. Quindi torniamo ai temi guida di quest?anno, prospettando soltanto alcuni spunti di riflessione e alcuni argomenti (evidenziati in neretto) su cui come uditore mi piacerebbe avere delle risposte negli incontri che seguiranno.
M COME MERCATO
Quando io, romano, penso al mercato penso per prima cosa a Porta Portese e a Piazza Vittorio, non a Wall Street. Partendo dall?osservazione della vita di questi due mercati importanti per la città, le domande che seguono hanno però valenza generale. La prima domanda è: ci sono regole? Poi: sono sufficienti? Sono adeguate? Sono rispettate? Sono fatte rispettare? Prima parola chiave da affrontare parlando di ?Mercato?: LE REGOLE. Viviamo in una fase politico-economica dove il Mercato e con lui tutti i soggetti produttivi che lo compongono, per tanti fattori si sentono allergici ?a lacci e laccioli?, animati da un?idea di deregulation (altra parola chiave, opposta e complementare alla precedente: LA DEREGULATION) che nulla ha a che fare con i principi che dovrebbero sottendere un?economia di libero mercato. Da noi deregulation significa principalmente libertà di evasione fiscale, di lavoro nero, di sottobosco produttivo, di irregolarità nell?importazione di prodotti, di falsificazione dei marchi, di prezzi dopati, ecc ecc. Per altri settori, come nei mass media e nella raccolta pubblicitaria, significa invece concentrazione, monopolio, al massimo duopolio. Mentre dovrebbe significare facilitazione, concorrenza, qualità. Più o meno analoga è la situazione nel settore dei trasporti, dell?energia e nell?industria dell?auto. L?altra parola-chiave che propongo a Praxis è dunque: PROTEZIONISMO. C?è un bel parlare di globalizzazione (altro tema di riflessione parlando di mercato : LA GLOBALIZZAZIONE), quando un mercato fragile come il nostro, al primo vento di crisi, crolla, non esporta più, si alzano barriere protettive, che come prima misura procurano il taglio nei settori più avanzati della ricerca, facendo perdere al nostro settore manifatturiero importanti posizioni nel quadro internazionale della competitività (altro spunto: LA COMPETITIVITA?). Si può essere competitivi in un mercato globale senza privilegiare la ricerca? In un mercato miope come il nostro ? che mira a sopravvivere alla crisi senza investire -la risposta è purtroppo: sì, ed è una risposta in linea con i tagli alla ricerca universitaria appena operati dalla riforma Gelmini (altro spunto: LA RICERCA). Ma il tema MERCATO è così ampio che chiudo qui, pur sapendo che altri spunti sarebbe importante proporre alle riflessioni di Praxis, come quelli che riguardano essenzialmente i problemi del lavoro, (altri temi caldi: LA FLESSIBILITA?, IL PRECARIATO).
Ricapitando ecco alcuni possibili titoli di convegno che suggerisco a Praxis sul tema della M come Mercato:
Quali regole per il Mercato?
La globalizzazione tra monopoli e protezionismi
Esiste competitività senza ricerca?
M COME MATERNITA?
La centralità di questo tema è spesso sottovalutata, così come lo sono gli studi sociodemografici nella produzione di fatti concreti, cioè di programmi politici, di iniziative legislative a lunga scadenza. L?Italia è il Paese europeo col tasso di natalità più basso (in compagnia della Germania) e il terz?ultimo più basso del mondo. Al vertice della classifica del tasso di natalità troviamo i paesi africani (Nigeria 51,6, Mali 49,15, Uganda 47,84). Chiudono Italia 8,18, Giappone 7.64, Hong Kong 7,42). Per allargare lo sguardo al panorama europeo segnalo che la Spagna sfiora il 10, la Francia supera il 12,5 (fonte: CIA World Factbook, 1 gennaio 2009). Esiste quindi un primo problema che riguarda l?andamento demografico non solo italiano ma planetario che potremmo riassumere in: DISTRIBUZIONE DELLE RISORSE E SVILUPPO DEMOGRAFICO, dove ?risorse? significa rapporto tra natalità e PIL pro capite, risorse di Welfare dedicato alle famiglie, disparità tra Paesi ricchi e Paesi poveri, tra Nord e Sud del mondo. A ben vedere è evidente come il problema demografico sia la madre di tutti i problemi, che acuisce la disparità nella distribuzione delle ricchezze, genera tensioni sociali tra tribù, tra etnie, tra nazioni, tra continenti, muove flussi di popolazione, incide sui fattori culturali autoctoni, genera insicurezza, impatta sull?economia, e via dicendo. La M come Maternità non può quindi che affrontare questo primo grande tema dell?andamento demografico a livello planetario e dei problemi che tale sproporzionata crescita tra diverse aree del mondo inevitabilmente porrà.
Se per tornare alla nostra piccola Italia, ai dati sopra enunciati sul tasso di natalità affianchiamo il dato opposto, cioè il tasso di mortalità, dovuto al progressivo invecchiamento della popolazione, lo schema grafico che si produce è la famosa ?piramide demografica a trottola?, dove la base ? rappresentata dalle nuove nascite – si va progressivamente erodendo, il centro, rappresentato dalla popolazione tra i 30-60 anni rappresenta la parte panciuta della ?trottola?, perché frutto del boom demografico degli anni Cinquanta/Sessanta, mentre il vertice, la punta della ?trottola?, è dato dalla progressiva anzianità della popolazione, che in Italia, sempre secondo l?ISTAT, ha una longevità eccezionale. Senza un ricambio generazionale equilibrato, va da sé, che il sistema sociale intero entrerà presto in crisi. Ha futuro una società di anziani? Altra parola chiave per assurdo è dunque l?opposto negativo del tema: L?INVECCHIAMENTO DELLA POPOLAZIONE.
Tra il 2007 e il 2008 la popolazione italiana è scesa di circa 8.500 unità, ma la popolazione residente è cresciuta di 425.778 unità superando quota 60 milioni. Se questo dato, apparentemente contraddittorio è potuto accadere, e riusciamo a reggere l?urto, occorre dirlo subito a chiare lettere a tutti i nemici dell?integrazione, è grazie alle nascite dei figli di immigrati e all?immigrazione straniera regolare e residente. Secondo i dati ISTAT nel 2008 si sono registrati 12.000 nati in più del 2007. Ma se i numeri dei nati cresce è perché, come ci avvisa il Censis, nel 2007 sono stati 64.000 i bambini nati da immigrati, l?11,4% dei nati in Italia (erano la metà, 33.000, solo nel 2003). Le donne straniere hanno un tasso di natalità doppio di quello delle italiane ( 2,5 figli contro 1,26) e la loro età media come madri è di 27 anni contro i 31 delle italiane. Qui probabilmente entrano in gioco diversi fattori, culturali, ma anche psicologici, di aspettative di vita, che sarebbe interessante porre a confronto (altro tema che suggerirei: LA DONNA ITALIANA E LA DONNA STRANIERA DI FRONTE ALLA MATERNITA? E NON SOLO).
Legato alla maternità c?è un prima e un dopo.
Il prima significa innanzi tutto: matrimonio, percorso conclusivo di due giovani che nel frattempo hanno studiato, hanno trovato lavoro e un?abitazione adeguata. I matrimoni dal 2003 al 2007 hanno un trend negativo passando da 264.000 a 250.000 (vero è però che tra il 2006 e 2007 c?è una controtendenza). Come possiamo sperare se i matrimoni calano che la natalità aumenti? L?unica percentuale che triplica è quella dei matrimoni misti (il cui tema ho già trattato sul nostro sito in Matrimoni misti. Tra fatti di cronaca e realtà) . Anche questo pone però dei problemi di tenuta sociale.
Il dopo maternità è il sistema di tutele, protezione e di risposte ai nuovi bisogni, spesso molto onerosi per il reddito medio delle famiglie italiane (ISTAT, 2006, intorno ai 2.300 euro mensili). Si tratta di costi aggiuntivi sia per spese mediche del neonato (dal parto al pediatra, alle medicine) che legati alla crescita (pannolini, latte, omogeneizzati, ecc). Ci sono poi tutte le problematiche relative alla ripresa del lavoro della madre e quindi la necessità di strutture che prendano in carico il bambino. La capacità ricettiva, secondo il Censis, è fortemente insufficiente così il 52,3% delle famiglie affida i piccoli ai nonni. Si può chiudere questo capitolo con l?ultima grande questione: MATERNITA? E WELFARE.
M COME MIGRAZIONE
Il tema delle migrazioni è di un?ampiezza e complessità notevoli, che vanno dai problemi di sviluppo demografico (già accennati), alla redistribuzione disomogenea delle risorse (tra Paesi ricchi e Paesi poveri), alle tensioni sociali e politiche (tribali, tra etnie, tra Stati), fino al dissesto ambientale (dove la progressiva desertificazione crea fame e bisogno di fuga in altri territori, nazioni, continenti). 200 milioni di persone ogni anno emigrano : sono il 3% della popolazione mondiale. Chi pensa che le mete siano solo i Paesi ricchi si sbaglia. Finanche lo Yemen, uno dei Paesi più poveri della Terra ha problemi di flussi migratori in entrata. Un primo grande tema introduttivo potrebbe essere: LE MOTIVAZIONI DELLE MIGRAZIONI.
Per restare all?Italia non possiamo poi non ricordare che siamo stati un Paese di migranti. Nel secolo scorso abbiamo dato all?Europa 12, 5 milioni di italiani, mentre altri 11,5 milioni hanno preferito saltare oltre oceano. Tuttora gli italiani all?estero sono circa 100.000 in più degli immigrati in Italia. Si parla tanto di radici e ci si dimentica questa radice, forse un po? scomoda e malinconica, ma che connota il nostro popolo, la nostra storia recente. Ripercorrere un po? di passi all?indietro allora non farebbe male a nessuno e il tema che proporrei è: L?ITALIA PAESE DI MIGRANTI , che potrebbe avvalersi dell?intervento di Gian Antonio Stella che nel lontano 2003 ha scritto appunto L?orda. Quando gli albanesi eravamo noi .
Gli immigrati nel 2008 sono stati oltre 4,5 milioni e rappresentano il 7,2% della popolazione italiana a fronte di una media europea del 6,2% (5 milioni sono in Spagna, 7 milioni in Germania). La previsione per il 2050 è che siano 12 milioni. Poiché è impensabile inventarsi una porta blindata tale da reggere l?urto è ovvio che il fenomeno va governato ed è impensabile anche alla luce di questi grandi numeri, che anche solo una parte di costoro debba essere costretta alla clandestinità, mentre, come afferma il Rapporto Caritas , l?immigrazione è ?necessaria al funzionamento del Paese?. Come ho già avuto modo di scrivere su questo sito ( L? Italia delle paure e delle speranze, 1 febbraio 2009) gli immigrati regolari rappresentano il 6,4 % della forza lavoro italiana e sono anche imprenditori – hanno infatti costituito 225.408 microimprese (erano 100.000 solo pochi anni fa). Si tratta per lo più di piccoli imprenditori, individuali, giovani: l’85% ha meno di 50 anni e il 15% ne ha meno di 30. Ma si stanno gradualmente consolidando, dal punto di vista aziendale e dimensionale: oltre 2.500 delle nuove imprese ha più di 10 addetti. Contribuiscono a costituire tra il 9% e il 12% del PIL nazionale (secondo le stime), qualcuno si spinge anche più oltre. 21 miliardi di euro secondo l?Inps sarebbe il reddito lordo imponibile dei 2.175.545 lavoratori stranieri dipendenti, autonomi e parasubordinati iscritti negli archivi dell?istituto nel 2007. I contributi da loro versati sarebbero pari a circa 5 miliardi di euro (escludendo peraltro ? e non è poco – i lavoratori agricoli e le colf). Per l?istituto e il nostro sistema di Welfare è una bella boccata di ossigeno Sono cifre che farebbero pensare ad un processo di integrazione positivo e ad un diverso atteggiamento, diciamo così, almeno di parziale gratitudine da parte della collettività italiana. Invece un recente rapporto svolto in varie nazioni europee dal German Marshall Fund e dalla Compagnia di San Paolo evidenzia atteggiamenti diversi: il 68% dei nostri intervistati pensa che la maggior parte degli stranieri siano in Italia senza permesso, l? 82% vorrebbe il loro rimpatrio a prescindere dal grado di inserimento e per il 66% sono convinti che la criminalità è opera loro (non a caso l’ 86% della popolazione italiana teme l’ immigrazione illegale). Sono tra i valori percentuali più alti di tutta Europa, che ben misurano il nostro attuale atteggiamento xenofobo. Sulla base di questi numeri ecco immediata la terza suggestione, il problema dei problemi, il cui approfondimento rimando alla scuola Praxis: IMMIGRAZIONE E INTEGRAZIONE.
La paura del diverso, dello straniero, genera insicurezza e spesso un piccolo fatto di cronaca si ingigantisce nei media, occupa pagine intere di giornali, quando fatti analoghi compiuti da italiani meritano solo pochi trafiletti a piè di pagina. Basti ricordare l?accoltellamento del padre islamico della figlia per impedirne la relazione con un ragazzo italiano: su tutti i giornali e i telegiornali per giorni. Poi, pochi giorni dopo un caso inverso: un padre italiano accoltella la figlia che vuole fidanzarsi con un ragazzo albanese: solo poche parole. Ma anche con la percezione di insicurezza bisogna fare i conti e significativo a questo proposito è il recente Rapporto Redattore Sociale/Caritas Migrantes La criminalità degli immigrati: dati, interpretazioni e pregiudizi , da cui si evince che il tasso di criminalità degli immigrati , depurato da alcune variabili importanti come i reati contro la legge dell?immigrazione, è dell? 1,03%, quasi identico all? 1,02% degli italiani. Concluderei quindi questo argomento, M come Migranti, con un bell?approfondimento a cura di Franco Pittau su MIGRAZIONE, CRIMINALITA? E PERCEZIONE DI SICUREZZA.
Esplorate le tre M di Praxis di quest? anno non ci resta che partecipare agli incontri, nella speranza di aver fornito spunti di riflessione sui temi indicati: ognuno, nella sua particolarità, pone interrogativi, problematiche, necessità di indagine.