Ha ragione e ha torto Pio Cerocchi nella sua lettera di ieri a questo giornale. Ha ragione non solo nel l’elogiare Europa quale luogo -forse unico- di dibattito ricco e vivo all’interno del PD. Ha ragione soprattutto nel sottolineare come la candidatura della Bonino apra una questione di merito politico e non solo di metodo politico. Sul metodo è meglio tacere. I radicali bene hanno fatto a mettere in campo la Bonino in quel momento. Ognuno porta acqua al proprio mulino ed in politica non si chiedono atti di cortesia, al più si esigono e si impongono.
Ma è sul merito della sua candidatura che mi sento di scrivervi queste brevi note. E qui arrivo al punto sul quale dissento da Cerocchi.
A rimanere in piedi non è una questione cattolica, come esigenza da rivendicare e da proteggere. Con questo criterio hanno già lavorato diversi politici, anche di primo piano, che il nostro partito hanno abbandonato nel giubilo di una base arrabbiata ed esasperata. Non è la questione cattolica, o meglio non solo la questione cattolica a rimanere in piedi. A rimanere in piedi è al questione PD, cioè il profilo culturale e politico che questo partito vuole darsi. E per sottolineare questo non è necessario recintare la propria identità ed iniziare a difenderla come un fortino assediato. A fare questo ci si inimica sempre più una base che in questo momento accoglie a braccia aperta la candidatura della Bonino come una liberazione. Anche su questo dobbiamo essere chiari. Non c’è nessuna candidatura nel territorio laziale a riscuotere tanto consenso, a meno di non voler provare la carta Napoleoni. Ma l’intelligenza di chi mi legge dovrebbe già suggerire la risposta.
Peccato però che non sia la candidatura più azzeccata. Probabilmente avrà anche ottime speranze di giocarsi la partita, ma è un grosso ostacolo sulla via che definisce, in maniera alta e non solo come compromesso al ribasso, il profilo politico e culturale del nostro partito. Non ho mai creduto alla favola del tutti dentro. E non ci credo ora. Anche perché la scelta della Bonino è fatta da alcuni in chiave escludente e non includente. Non è un tutti dentro, ma un fuori qualcuno.
Un fuori qualcuno nato anche in contrapposizione ad una presenza diretta e senza mediazioni della chiesa cattolica, ed in particolare di Camillo Ruini, nella scena pubblica degli ultimi anni. E nato in contrapposizione a chi quel disegno, come un utile idiota, anche all’interno del nostro partito, ha seguito e supportato. Un disegno che ha avuto un unico obiettivo: mettere in difficoltà il progetto dell’Ulivo come possibilità per i cattolici di aver un luogo di elaborazione ed iniziativa politica laico ed aperto alla mediazione, in grado di concludere la transizione italiana verso un sistema politico di vera democrazia compiuta, come intuito a suo tempo da Aldo Moro nel suo rapporto con il Partito Comunista di Enrico Berlinguer. Un intuizione portata avanti da uomini come Romano Prodi e Beniamino Andreatta che nella loro vita politica di rivendicazioni ne hanno fatte tante, mai in nome della loro identità ma di una nostra identità. E’ per questo che Ruini e la Bonino si tengono insieme e che il Pd è nato contro il clericalismo dell’uno e l’anticlericalismo dell’altra. Molti dei nostri militanti lo hanno ora dimenticato, anche a causa di una presenza inopportuna dei cattolici nel nostro partito, ad esempio i teo-dem, e non di chi ora governa la macchina.
Sono sicuro che Emma Bonino, che fuoriclasse lo è davvero, saprà tenere in considerazione pensieri che come me, in tanti stanno facendo in questo momento. E non è solo la laicità a porre problemi. Ricordo i radicali per le loro grandi battaglie per l’emergenza carceri e tante altre cose meritevoli. Ma come la mettiamo con l’atavica lotta dei radicali contro la partitocrazia? E con il loro progetto di repubblica presidenziale e maggioritaria? E con le liberalizzazioni e privatizzazioni selvagge?
La cosa nuova di cui tanto aveva bisogno il nostro paese è il Partito Democratico e non di un grande ed enorme un partito radicale di massa.