L’«accordo di integrazione» tra lo Stato e l’Immigrato contiene due parole fondamentali: accordo e integrazione. Accordo sottende l’intenzione di realizzare un percorso comune. Integrazione esplicita il comune obiettivo di questo percorso.
Quello dell’integrazione è il problema chiave per i prossimi anni e decenni in Italia e in Europa. E’ una sfida difficile e affascinante al tempo stesso. Che nessuno può perdere, né lo Stato né l’immigrato: ne uscirebbero male entrambi, in società conflittive, disgregate, composte da comunità estranee le une alle altre, forse ingestibili.

L?accordo di integrazione va quindi nel senso giusto, anche se un po’ tardivo. Lo Stato ha perso infatti circa tre decenni, lasciando alla sola iniziativa di associazioni sociali un tema così importante come quello dell?integrazione, senza mai dotarsi di serie e decise politiche per favorirla.

Speriamo che le intenzioni manifestate dai Ministri Maroni e Sacconi si concretizzino presto e la via dell'”accordo”, che è anche riconoscimento ed invito ad un cammino comune, abbia inizio. Concordo quindi con Amedeo sul SI al permesso a punti. Si tratta infatti di un permesso che, nel periodo di due anni + uno, matura un punteggio che dà diritto alla carta permanente di soggiorno. Un diritto che matura con il rispetto delle regole ed in particolare di alcuni doveri (indispensabili per avviare un processo di integrazione) tra cui: la conoscenza della lingua italiana, l’iscrizione al servizio sanitario, la frequentazione della scuola dell’obbligo per i figli, la trasparenza nei contratti abitativi. Un diritto che matura con i passi verso l’integrazione: di tutti, uomini e donne, giovani e adulti.

Non sono da sottovalutare però i dubbi che sono stati espressi. Ne riprendo alcuni:

– La scarsezza delle risorse finanziarie che mette a rischio le azioni positive necessarie su tutto il territorio (ad es. i corsi di lingua italiana) per favorire questo percorso e che può lasciare assolutamente inadeguati gli strumenti di verifica dei meriti (punteggi) acquisiti.
– La cronica lentezza di ogni pratica che riguarda gli immigrati: il semplice rinnovo del permesso di soggiorno, per esempio, richiede più di un anno, rispetto ai 20 giorni stabiliti dalla normativa.

Non ha tutti i torti chi afferma che: “Fino a quando sarà lo Stato il primo a non essere in grado di assolvere i propri doveri rispettando le proprie leggi, non è pensabile imporre allo straniero patti o accordi di integrazione”.

Il problema sta proprio qui.
L?accordo di integrazione è (finalmente) una bella notizia.

Il permesso di soggiorno di due anni + uno rappresenta un valido strumento per favorire un verificabile (a punti) cammino di integrazione, anche al fine dell?ottenimento della carta di soggiorno stabile.
Non è invece ancora chiaro come lo Stato intenda attrezzarsi per rendere questo percorso davvero efficace: quante risorse e quale tipo di gestione, quali strumenti, quali sinergie e quale valorizzazione delle iniziative delle organizzazioni sociali che da tempo lavorano per l’integrazione, quale rafforzamento degli enti di verifica e quali le modalità e i tempi, eccetera.
Ai chiari doveri degli immigrati devono corrispondere chiari doveri dello Stato.

Doveri dello Stato che, come sottolinea bene Fabrizio Torella in www.amiciperlacitta.it, dobbiamo imparare a monitorare, senza sconti, partiti e società civile.