Tre sostantivi (Paese, Partecipazione, Partito) determinanti per programmare un futuro.
Un aggettivo (precario) che ben descrive il vissuto degli italiani. Tanto da diventare anch’esso sostantivo, per definire la condizione di molti lavoratori dal futuro incerto. Incapaci, perciò, di quella progettualità che richiede un minimo di solidità e stabilità.
Solidità e stabilità che si vorrebbero connaturate alle realtà e ai valori significati da quei tre sostantivi. Eppure quell’aggettivo, insieme all’eco dei suoi significati più negativi, sembrano oggi abbinarsi a pennello a quelle tre parole, suggerendocene la loro attuale debolezza e indefinitezza.

E’ pur vero, tuttavia, che l’aggettivo precario – in assoluto – fotografa una costante dell’intera vita umana, diremmo quasi che la precarietà è condizione stessa del vivere. E’ un monito (ricordati che sei cenere) e un incitamento (carpe diem). Ci sono precarietà che dobbiamo cercare in tutti i modi di superare, altre con le quali dobbiamo abituarci a convivere, altre che creano opportunità, perché impongono di rimettersi in gioco, di ridiscutere quel che si dava per scontato e acquisito una volta per sempre.

Muoviamo da qui, come Praxis, cercando quest’anno di dare un contributo per comprendere queste precarietà e uscirne, rafforzati.

E’ un Paese precario quello che non riconosce più quale sia la sua identità e si trova in continuo bilico tra localismi e vocazione europeista.
E’ precaria una partecipazione che ha perso spontaneità, entusiasmo, consapevolezza. Che si interroga sulla sua utilità ed è alla ricerca di nuove forme. Che si confronta con strumenti apparentemente socializzanti, ma che finiscono per isolare e allontanare.
Eppure la partecipazione dovrebbe essere il sale della democrazia. Partecipazione e democrazia: qualità e quantità. Borges: “mi sento del tutto indegno di esprimere opinioni politiche, ma forse mi sarà concesso di aggiungere che diffido della democrazia, questo curioso abuso della statistica.” Churchill “ È stato detto che la democrazia è la peggior forma di governo, eccezion fatta per tutte quelle altre forme che si sono sperimentate finora.”
E’ precario “il partito” che nasce, muore, cambia veste e nome, risorge in una continua metamorfosi che sconcerta e disorienta. E diventa oggetto del diffuso e amaro rancore della maggioranza dei cittadini che non lo vedono più come ‘strumento’ e luogo di partecipazione, ma come mezzo per raggiungere altri scopi. Assai meno nobili del ripensare la “polis”, progettarla e gestirla per il bene di un sempre più ampio numero di cittadini e, in particolare, dei più deboli.
Se vogliamo sbugiardare Borges, se vogliamo che la quantità democratica trovi una salda coniugazione con la qualità della partecipazione, il partito dovrebbe essere uno dei luoghi elettivi per progettare e realizzare questa “saldatura”.
Facendo della sua attuale precarietà un’opportunità per reinterpretarsi e adattarsi ai contesti che mutano.

(*) E’ consuetudine di Praxis scegliere ogni anno alcune lettere dell’alfabeto sulle quali si reggerà la sequenza degli incontri della scuola. Quest’anno è la P.

I nostri incontri.

Sud Camp. “Sotto a chi tocca”.
Organizzato da TrecentoSessanta a Paestum 23 – 25 settembre.

Torneremo a discutere con Enrico Letta di unità nazionale e rapporti tra i diversi territori del Paese. Saranno con noi rappresentanti di primo piano del governo e delle opposizioni, studiosi e imprenditori, professionisti e esponenti del mondo dell’informazione e poi tanti giovani appassionati di politica.
Su www.associazione360.it le Notizie Utili con le informazioni logistiche e organizzative funzionali alla partecipazione.
Per il gruppo Praxis, info Silvia Lanzano …….

Segnaliamo:
Sul nostro sito (www.amiciperlacitta.it)

Agosto 2010, ventilatori e letture di Felice Celato

“…Infine una lettura di “politica”, in qualche modo – rara avis, in materia – confortante: L’Europa è finita? di Enrico Letta e Lucio Caracciolo, Add Editore. Si tratta di un pacato dialogo sui mali e sulle prospettive dell’ Europa, a valle della crisi che ha scosso il mondo nel biennio recente. L’Italia ha bisogno di un ricostituente anche culturale per uscire dalla sua lunga e profonda crisi, prima che politica appunto culturale; e l’Europa, mi pare, è l’unica che possa somministrarglielo, anche a costo di venirne fuori meno Italiani (però anche meno furbi, meno evasori fiscali, meno grossolani, meno familisti, meno corrotti, etc).”

E adesso al re chi glielo dice ? di Gianni del Bufalo

“Il pomeriggio del 10 agosto 1628 a Stoccolma c’è il sole. …
L’aveva detto l’architetto, è troppo lunga e alta rispetto alla chiglia… ma il re ha insistito… “la voglio più lunga e più alta, deve essere molto più grande delle navi dei polacchi!”… adesso la nave è pronta, è come il re l’ha voluta… ma ce la farà a tenere il mare ?
E poi, chi glielo dice adesso al re ?…
Si, lo so, la politica non è una scienza esatta e non si può calcolare come si può fare per il rapporto tra la larghezza e l’altezza di una nave… ma la ragione ha le sue regole, che non sempre coincidono con la rabbia dei delusi, gli applausi delle folle e le voglie delle primedonne.”

Il caldo africano di fine agosto. La Libia si vicina all’Europa, ma i diritti umani? di Silvia Lanzano

Ora che è trascorsa una settimana dal viaggio del colonnello Gheddafi a Roma, proviamo a ripensare a mente fredda la sostanza dell’accaduto.

Parlare al “popolo”. Appunto di Aldofabio Venditto

Per Chiamparino e Vendola bisogna parlare alla “gente” non ai militanti. Un tempo si sarebbe detto demagogia sia che ci si affacciasse al balcone o che si salisse sul predellino.