La guerra moderna si distingue da tutte le altre del passato per un semplice particolare: produce più perdite di vite umane tra i civili indifesi che tra le forze combattenti. Controllate alla voce Afghanistan, per esempio, per evidenza.

Vecchi, donne e bambini sono raggiunti a domicilio e non mentre traversano campi di battaglia.

Erri De Luca (
Didascalie d’autore

– Magazine del Corriere della Sera, 19/11/09)

18 anni. Zaino in spalla. Ben vestito, parla al cellulare.

Torna da scuola come moltissimi suoi coetanei. “È un alunno modello” dicono di lui i suoi insegnanti. Ha imparato prestissimo l’italiano. Con la stessa facilità ha conseguito la licenza di terza media e ora studia per il diploma.

La sera, quando le lezioni finiscono, torna a dormire alla stazione Ostiense, binario 15, terzo cartone a destra.

È uno delle centinaia di ragazzi afgani con regolare permesso di soggiorno, nel suo caso protezione sussidiaria, che vive a Roma.

Giovani, maschi, arrivati per lo più dopo anni in viaggio. In Asia prima, in Europa dopo.

Scappano dai talebani, dalla guerra. Alla morte certa in Afghanistan preferiscono i pericoli del viaggio. I risparmi di famiglia investiti in un operazione a dir poco rischiosa: raggiungere l’Europa.
La tratta dalla Grecia verso l’Italia, l’ultima, ha un suo tariffario: 1000 € sotto il camion, vicino al motore, il posto più pericoloso e per questo il più economico; 1500 € stipato in un tir insieme ad altri come te, tra le scatole di merci se va bene, tra animali se va peggio. Con 3000 € in quattro ore e mezzo sei a Lecce: tanto costa un posto su un motoscafo da Patrasso, stipati insieme ad altri trenta nelle stesse condizioni.

Arrivano qui in Italia come tappa di un viaggio che non finisce o non vorrebbero finisse.


In Inghilterra, in Svezia, in Germania è più facile vivere: i servizi sociali funzionano molto meglio che in Italia: alloggio, inserimento lavorativo, sostegno psico-sociale, possibilità di studiare e di imparare una professione è tuo diritto

-spiega Mohammed, ormai da qualche anno in Italia, riferimento per i tanti che arrivano ogni giorno a Roma-

Qui è tutto il contrario: avere i documenti per noi afgani è più semplice che in altri Paesi europei, ma poi al permesso di soggiorno non corrisponde niente.

Pensi che avere in mano quel pezzo di carta ti cambierà la vita… e invece i giorni passano e si rimane a dormire alla stazione, sotto i cartoni.

Alla mensa Astalli ogni giorno arrivano decine di ragazzi afgani in fila per mangiare, per chiedere informazioni legali, per imparare l’italiano.

Tra le varie nazionalità presenti in questo momento sono in media i più giovani: tra di loro ci sono spesso ragazzi in età scolare. Al Centro Astalli con loro si progetta il futuro: l’assistenza legale prima, la scuola, i corsi di formazione, sono passi verso un avvenire che non sappia più di guerra e di morte.

Pensare al futuro è molto meno doloroso che guardare impotenti al presente. Un presente fatto di cronici problemi strutturali nell’accoglienza pubblica. Un presente che sa ancora troppo di emergenza e troppo poco di casa, protezione, democrazia, civiltà. Parole queste che se lasciate declinare solo a persone di buona volontà o a organizzazioni umanitarie diventano sostegno e solidarietà, ma non certo diritti riconosciuti.