Così da venerdì scorso habemus giuntam. Tutto risolto quindi. I nuovi assessori dovranno imprimere un’accelerazione nel cammino di risanamento e di sviluppo della Capitale. Ma quanti malumori. Che mal di pancia. Tali da lasciare immaginare che i due anni che separano il Sindaco dalla fine del mandato non saranno dei più tranquilli. Impressione confermata dalle parole dello stesso Alemanno, che ha definito i giorni trascorsi dall’azzeramento della Giunta, lo scorso 10 gennaio, alla conferenza stampa di presentazione del nuovo team di assessori nella Sala delle Bandiere in Campidoglio, come “abbastanza intensi e anche abbastanza difficili”.
E in questi giorni infatti, per le strade e sui muri di Roma, abbiamo visto comparire un ricco campionario di minacce e intimidazioni, indirizzati alla volta del sindaco, sotto forma di manifesti. Qualcosa di simile alle vecchie pasquinate. Primi tra tutti, quelli di un fantomatico “popolo della Verità” (attenzione, Verità maiuscola), che ha tappezzato la città con le sue scritte piuttosto oscure. “Gli eletti del popolo non si toccano” e poi “no al doppio incarico”. Un “velato” ammonimento per il Sindaco a non toccare quegli assessori della precedente giunta che erano stati eletti nel Consiglio Comunale. E a “far fuori” quelli che assommavano un doppio incarico. Ma chi sarà mai questo popolo della Verità? Il nome non dice molto, sembrerebbe quello di una setta gnostica. È partito naturalmente il gioco dell’”indovina chi”. Qualcuno ha provato a ricondurre l’iniziativa nella sfera dei fratelli De Lillo: l’uno, Stefano, senatore Pdl vicino a Gasparri, l’altro, Fabio, assessore uscente all’Ambiente (rimpiazzato da Marco Visconti). Loro intanto minacciano di uscire dal Pdl per confluire nell’Udc.
Dileggia il sindaco anche La Destra di Storace, esclusa dalla nuova giunta, che ha provveduto subito a far affiggere manifestini con Alemanno in forma di burattino.
L’impressione è che, ahinoi, sui muri di Roma, si stia combattendo una piccola rissa tra bande di (ex) amici. Troppi gli scontenti. Primi fra tutti, i già citati De Lillo (Stefano ha parlato di “tradimento umano e politico”). Poi l’assessore uscente alle Politiche culturali Umberto Croppi, molto apprezzato anche a sinistra e rimosso per questioni di numeri (“perché la politica è un mix di idee e rappresentanza”, ha tenuto a precisare oggi Alemanno sul Corsera Roma). Scontente le donne del Pdl, per la riduzione del numero delle esponenti femminili in giunta, rappresentate ormai dalla sola Sveva Belviso. Stizziti i “gabbiani”, la potente corrente degli ex An, che ha perso il “suo” assessore, Laura Marsilio (già contattata da Fli e da La Destra).
In tutto questo folklore, sconsola soprattutto che le beghe interne di un partito si combattano sui muri della città e non nelle sedi deputate. Con messaggi assolutamente autoreferenziali, che somigliano in modo inquietante a certi avvisi dati solo “a chi deve capire”.
Festeggiano almeno i tipografi e gli attacchini di Roma. Pare infatti che servano tremila euro per far stampare cinquemila manifesti, cui si deve aggiungere il compenso per l’affissione, di solito intorno ai trenta centesimi a cartellone, Repubblica.it 14/01/11).
Il resto di noi continua a camminare per le strade ignaro.
Quando le beghe di partito si combattono sui muri della città