“Ognuno di noi pensi che tipo di parte è chiamato a fare”. Questo l’invito iniziale rivolto da Nino Sergi, presidente di Intersos, all’apertura del convegno “Libertà religiosa e Islam”. Tanti gli ospiti riuniti giovedì scorso nella bella sala “Starlin Arush”, da poco inaugurata nella sede romana dell’organizzazione umanitaria e intitolata alla memoria della giovane attivista somala assassinata a Nairobi nel 2002.
Fin dal principio è risultata chiara l’impostazione “euristica” dell’incontro, moderato da Vincenzo Nigro, giornalista di Repubblica. Niente verità precostituite o slogan di facile consumo. Il convegno è stato pensato infatti come un momento di riflessione nel dibattito attuale, in cui relatori e ospiti sono stati invitati a problematizzarsi su temi troppo spesso svuotati di contenuto dalla politica e dai media e ridotti a meri pretesti per scontri tra fazioni.
Un dato numerico desta stupore sulla presenza dell’Islam in Europa. Come ha illustrato Stefano Allievi, docente di Sociologia all’Università di Padova, nel Vecchio Continente risulta un’elevata concentrazione di sale di preghiera: nei 16 paesi considerati dalla ricerca, sono stati censiti ben 10.989 luoghi di culto, con una media di uno ogni 1.500 musulmani (in Marocco il rapporto è di uno ogni 1.645). Vivremmo quindi in un contesto di “libertà religiosa sostanziale”. Ma perché allora tante espressioni di diffidenza nei confronti dell’Islam continuano a comparire nelle pagine dei nostri giornali? Anzitutto a causa di un fenomeno che il professor Allievi ha definito “eccezionalismo dell’Islam”. La reticenza cioè, da parte di certe istituzioni, ad applicare le leggi ordinarie anche ai cittadini di religione islamica. Con una spiccata tendenza -difficile pensare che sia disinteressata- a evocare conflitti, non certo a studiare soluzioni per risolverli. D’altra parte l’appello rivolto ai cittadini islamici in Italia a mantenersi vigili nei confronti dell’immagine restituita dalle altre comunità islamiche nel mondo è stato netto. In particolare a rendere sempre evidente l’esistenza di un dibattito interno tra posizioni diverse.
La risposta dei rappresentanti delle organizzazioni islamiche in Italia è stata altrettanto limpida. Troppo spesso, ha affermato l’imam Yahya Pallavicini, vice presidente della COREIS italiana , si confondono nella discussione temi diversi. Quello del diritto -costituzionalmente garantito- alla libertà religiosa si inquina, nel caso dell’Islam, con argomenti del tutto estranei, quali l’immigrazione clandestina, i conflitti etnici, la microcriminalità, il terrorismo internazionale.
Per non parlare degli equivoci prodotti, tra cittadini islamici e non, dalla non conoscenza reciproca e dal perdurare degli stereotipi. Così l’imam Ezzedine Elzir, presidente dell’UCOII, ha raccontato come, al suo arrivo in Italia per ragioni di studio ormai vent’anni fa, pensasse di trovare a ogni svolta di strada frotte di mafiosi pronti a sparare. Proprio come da cliché hollywoodiano.
L’invito dell’imam è stato quindi a “creare una nuova cultura tramite la conoscenza, il dialogo”, per “eliminare i ghetti mentali che abbiamo costruito”.
Durissime le parole rivolte infine contro gli attentatori della strage di Capodanno, che ha provocato la morte di 23 copti ad Alessandria di Egitto: “Quando sono stati colpiti i nostri fratelli egiziani – ha affermato il presidente dell’UCOII- siamo stati colpiti tutti quanti noi”.
Mentre don Augusto Negri ha illustrato il rapporto tra cristianesimo e Islam, Lucio Malan e Stefano Ceccanti hanno affrontato il tema della convivenza da un punto di vista politico-istituzionale, con l’invito, da parte del senatore PD, a “prosciugare il brodo di strumentalizzazione che utilizzano certi imprenditori della politica”. Malan ha definito invece “mostruosità” il considerare la reciprocità come la garanzia dei diritti per le sole religioni che sono maggioritarie in paesi sostanzialmente liberi. Il che equivale – ha aggiunto Malan- “a uniformarsi ai più illiberali, all’Afghanistan dei talebani”.
L’invito è a mantenere sempre aperti gli spazi di confronto, perché come ha notato l’imam Elzir “lavoriamo tutti contro l’estremismo, islamico e non” e perché, come ha aggiunto Allievi, in fondo “il clericalismo è inversamente proporzionale alla fede”.
Nino Sergi, nella sua lettera di inizio anno alle Comunità islamiche in Italia, ha scritto che “i valori fondamentali sono gli stessi e riescono sempre ad unire”. Al di là delle ridicole crociate anti minareti in salsa leghista o delle strumentalizzazioni di parte.