“Esistono ancora le ragioni perché l’Italia rimanga in Afghanistan a combattere?”.

Questa la domanda rivolta da Nino Sergi, presidente di INTERSOS, ai parlamentari italiani. Proprio in questi giorni infatti è all’attenzione del Senato il ddl di conversione del Decreto Legge sulle Missioni Internazionali (DL 228/2010), approvato alla Camera lo scorso 25 gennaio.

 Un provvedimento contestato che, nonostante l’aumento cospicuo di impegno economico da parte dello Stato per le missioni internazionali –da 1 a 1,5 miliardi, + 50% rispetto ai fondi destinati nel 2008- colpisce pesantemente la cooperazione civile, a vantaggio degli stanziamenti per gli interventi militari.

Secondo INTERSOS, come recita il comunicato diffuso martedì scorso dalla organizzazione umanitaria, nei paesi travagliati da conflitti “lo strumento militare sta diventando l’unico strumento di intervento; i bisogni della popolazione interessano sempre meno o solo in modo strumentale alla buona riuscita dell’intervento militare”. Una scelta quanto meno miope, se non altro perché le guerre umanitarie non consentono di suscitare, presso le popolazioni “beneficiarie”, quel favore indispensabile per la buona riuscita dell’intervento. La presenza delle Forze Armate infatti, nonostante “l’apertura e la generosità dimostrata dai singoli militari” continua a essere causa di troppi “errori ed effetti collaterali a danno di popolazioni innocenti e inermi”. Certificando, in ogni caso, “la sconfitta della politica”.

La diversità di percezione del Governo rispetto alle organizzazioni umanitarie su questo punto è però evidente: basta scorrere le cifre previste dal decreto. Dei 754 milioni di euro stanziati per le missioni internazionali per il primo semestre 2011, più della metà (380,7 milioni) è destinata alla proroga dell’intervento militare in Afghanistan, mentre alla cooperazione allo sviluppo va solo il 3,6%. In tutto 27 milioni, da suddividere tra paesi quali Afghanistan, Pakistan, Iraq, Libano, Sudan, Somalia, Myanmar. Realtà in cui l’emergenza umanitaria è un fatto ordinario e dove la riduzione di fondi, come afferma il presidente di INTERSOS in riferimento all’Afghanistan, “impedisce di pensare ad iniziative efficaci e durevoli a favore della popolazione”.

Niente di nuovo. Gli stanziamenti destinati alla cooperazione allo sviluppo hanno subito nel tempo uno svuotamento progressivo e inesorabile, con una riduzione di risorse assegnate, dal 2008 al I semestre del 2011, del 42%. Un dato negativo che si aggiunge a uno scenario già preoccupante, legato al quasi azzeramento dei fondi per la cooperazione previsto in finanziaria (solo lo 0,13% del PIL).

In questi giorni convulsi, in cui l’Italia sembra essersi persa dietro al costo dell’ultima borsa griffata di questa o quella presunta fidanzata del premier, è un dato che non possiamo permetterci di ignorare.