“Ma io resisto perché, come sempre nella mia storia, l’attacco al mio privato è in realtà un attacco al ruolo pubblico che svolgo, alla mia testimonianza democratica”. Così il presidente Berlusconi in un’intervista al Foglio dello scorso venerdì, in pieno Ruby, Nicole, Sara… -gate, per sopire le tensioni montate intorno alle sue ultime vicende giudiziarie e mettere in sordina le dichiarazioni dei tanti faccendieri e cortigiani alle prese con il loro quarto d’ora di “celebrità”.
E per un caso forse, proprio il giorno prima di queste dichiarazioni accorate del nostro premier, i vescovi della Lombardia avevano espresso il “forte disagio per l’attuale situazione socio-politica”, per la «confusione morale ingenerata anche dalla tendenza a giustificare l’incoerenza tra i valori proclamati in pubblico e i comportamenti privati».
Qui non si tratta, per citare l’ottimo Giuliano Ferrara, di avallare l’idea di “democrazia autoritaria”, tanto cara ai puritani e ai giacobini dai quali si sente minacciato il premier.
Ma di fare proprie le belle parole regalateci ieri dal cardinale Tettamanzi in un’intervista al Corsera: “Il dovere dell’esemplarità non riguarda solo i politici, bensì tutte le persone che hanno incarichi pubblici, che sono chiamati a guidare il Paese, a essere riferimento per le persone, che rappresentano la nazione, all’interno e all’esterno”.
L’invito è alla sobrietà, concetto forse oggi un po’ obsoleto, un po’ come parlare nell’Italia degli e-reader di moplen o di stampante ad aghi. Una qualità che, come ha affermato l’arcivescovo di Milano, in politica e nella società dovrebbe “emergere dal tipo di linguaggio che si usa, nell’esibizione di sé, nell’esercizio del potere, nello stile di vita”.
Ma il premier, che ci tiene come sempre a ricordarci di non essere migliore di noi, nell’astuta intervista a Ferrara afferma mite “io, qualche volta, sono come tutti anche un peccatore” (il corsivo è mio).
Mi pare che non sia di questo che il presidente Berlusconi debba rendere conto al Paese, mentre abbiamo un tasso di disoccupazione giovanile al 29% e un debito pubblico che ci sta mangiando il futuro.
“La situazione è grave, c’è scarsa consapevolezza del presente, non c’è una visione adeguata dei bisogni più veri delle persone, delle realtà sociali, economiche, produttive, educative” ha aggiunto Tettamanzi nell’intervista. E infatti ha da tempo creato a Milano un’istituzione meritoria, il “Fondo per i nuovi poveri”. Che sostiene e accompagna tutti quegli “invisibili” di cui parlava Dario Di Vico, sempre dalle pagine del Corsera, in un bellissimo articolo di qualche giorno fa (08/02/2011). Intere famiglie, anziani, giovani senza lavoro, tutte persone che vivono in silenzio il loro progressivo scivolamento nell’indigenza, per un atteggiamento dell’animo definito di “pudore della miseria”.
Pudore, sobrietà. Archiviamo il resto. Ripartiamo da qui.