Sono una donna, una madre, una lavoratrice.

Ero a manifestare lo scorso 13 febbraio a piazza del Popolo con mio marito e mio figlio di due anni.

Sarebbe più giusto dire che a manifestare c’era la mia famiglia.

Eravamo lì perché nulla in questo momento ci rappresenta meno dei tanti discorsi di destra e purtroppo anche di sinistra sul ruolo della donna nella società e sulla concezione di famiglia.

La riflessione sulle donne ai miei occhi sembra essere viziata da posizioni superate, da ragionamenti antichi, dall’aggrapparsi con tutte le forze a cose già dette, difese, urlate da qualcun altro e in un’altra epoca.

Tutto ciò pur di non far la fatica di mettersi a ragionare su come sia cambiata la nostra società negli ultimi decenni e di come la parola famiglia non dovrebbe essere più in contraddizione con l’affermazione personale, con l’autonomia della donna, con l’emancipazione.

Anzi la famiglia in molti casi è il luogo dove forme nuove di relazione tra uomo e donna si sperimentano. È il luogo privilegiato dove l’emancipazione femminile si realizza in pieno, o si dovrebbe realizzare.

Intendo dire che ormai gli anni del totale rigetto dei valori tradizionali da parte delle donne fanno parte di un passato neanche troppo recente, non ci appartengono più. Oggi sono molte le donne che riscoprono e costruiscono con determinazione la famiglia.  Certo si è fatto lo sforzo di definire nuovi modelli, di trovare nuove strade che ormai nella realtà sono collaudate e che la politica tarda a riconoscere.

È chiaro che non si tratta di rottura con la tradizione familiare bensì di una sintesi nuova e originale tra quello che sono state le nostre nonne, dedite alla famiglia, le nostre mamme quasi tutte emancipate e lavoratrici figlie della rivoluzione culturale degli anni 60, e noi trentenni e quarantenni che abbiamo studiato, che lavoriamo e che abbiamo scelto di creare una famiglia.

Il compito del padre non è più quello di portare a casa i soldi, provvedere alla sicurezza della famiglia e decidere cosa è giusto o sbagliato. Il compito della madre non è più quello di regina della casa, chioccia affettuosa e cuoca perfetta. I ruoli sono cambiati. Non sono più così ben definiti, sono sfumati, in un certo senso più complicati, e certamente tendono ad essere più interscambiabili.

È così che la famiglia spesso diventa un progetto in cui oltre a crescere dei figli, si ridisegnano identità personali, ci si fa carico di compiti nuovi e ci si scopre in ruoli insospettati.

E proprio in questa interscambiabilità, in questo nuovo ruolo genitoriale tutto da ridisegnare, sia per l’uomo che per la donna, sta la difficoltà e al tempo stesso la forza della  famiglia, nell’accezione più moderna.

Per concludere eravamo in piazza perché crediamo che sia ora di aprire un dibattito serio partendo da questi presupposti. Gli unici possibili per una riflessione sul ruolo della donna nella società.

Pretendiamo un ragionamento complesso, articolato e difficile. Basta slogan e ricette veloci.

Matrimonio, maternità, famiglia, ma anche carriera, indipendenza sono termini in cui non deve trovare più spazio la discriminazione ma in cui si valutino sono le capacità di ciascuno e di queste si tenga conto.

Si prenda esempio dai bambini che sono geniali nell’attribuire competenze e riconoscere talenti nei loro genitori.

Mio figlio ad esempio sa benissimo che a cucinare è più bravo papà e che anche mamma può far tardi a lavoro.