Un (inevitabile) commento breve sulla manovra ormai “in dirittura d’arrivo”, per dirla con una banalità tipicamente televisiva.
Un mio amico l’ha acutamente definita una manovra triste e la definizione mi ha convinto e fatto riflettere.
Perché questa manovra, al di là della sua possibile contingente sufficienza, appare (anche a me) triste? Anzitutto perché ogni manovra che “mette le mani in tasca agli italiani”, come dicono con turpe senso civico alcuni, è per forza triste perché preannuncia sacrifici e sacrificarsi non piace a nessuno. Ma non è questo il senso dell’aggettivazione.
Questa manovra è, ben più a ragione, triste perché:
• essa è frutto di un orrido percorso fatto di veti populisti incrociati. L’Italia ha dato una pessima immagine di sé, prontamente rinfacciataci da molti;
• perché essa rappresenta un’occasione persa: gli Italiani erano aperti, stavolta, a fare i conti con la verità ma l’operazione verità è stata ancora una volta elusa. Sanare problemi patrimoniali (e il debito pubblico eccessivo è un problema patrimoniale di tutti i cittadini) con provvedimenti di conto economico (aumentare il costo di beni aumentando l’IVA è un provvedimento che tocca, per così dire, il conto economico degli italiani) è cosa estremamente ardua che, purtroppo molto spesso non riesce; e il sospetto che la manovra possa non bastare è un sospetto diffuso, che certamente non rallegra chi è chiamato a pagare;
• essa è stata adottata in solitudine da un esecutivo ormai arrivato a fine corsa, in termini di consenso, di credibilità, di prestigio; non è il Governo del futuro ma il Governo del passato, malinconico anch’esso.
La gran parte del significato “strutturale” della manovra è affidato a due leggi costituzionali (abolizione delle province e pareggio di bilancio in costituzione) la cui seria ed equilibrata progettazione appare ben al di là delle capacità di questa classe politica; il loro percorso approvativo è poi complesso ed incerto ed il pericolo di drammatici pastrocchi è fortissimo: si pensi solo alla complessità della costruzione di un vincolo di bilancio che non si riveli una trappola mortale nel caso di cambiamenti radicali dello scenario dei tassi o dello scenario economico. Si dirà: ma lo stanno facendo in molti paesi europei! Vero. E per di più ci viene richiesto con forza da chi non si fida più (forse giustamente) della nostra capacità di autocontrollarci. Vero anche questo. Ma quello che preoccupa della nostra situazione è il contesto civile e culturale che dovrebbe radicare nella nostra costituzione una modifica così rilevante, un contesto non affidante e non tranquillizzante. Spero di sbagliarmi, naturalmente; vedremo presto.