Ci piace pensare che quello che ci accade, che stiamo vivendo e gli eventi di cui siamo testimoni siano speciali, unici, mai accaduti prima. Ci piace così, ci fa sentire importanti, probabilmente ci tranquillizza circa la nostra unicità.

Del fatto  che si tratti di eventi senza precedenti sembrano molto convinti soprattutto i giornalisti: mai un’estate così calda, una nevicata così abbondante, un attentato così grave, un gol così bello, uno spread così alto. Apprendiamo, con stucchevole ripetitività, che questa guerra, questa stagione o questa crisi economica sono sicuramente senza precedenti, così come le conseguenze che -dato che non ci sono precedenti(!)- non riusciamo neppure ad immaginare.

Cosa avrebbero scritto questi stessi giornalisti se –tanto per fare qualche esempio- avessero dovuto commentare la peste del 1348 in tutta Europa, la guerra dei trent’anni, il terremoto di Lisbona del 1755, il genocidio armeno, la crisi economica del 1929 o il processo di Norimberga? Ovviamente che si trattava di eventi senza precedenti.

Letteralmente ogni evento, anche il tramonto di oggi, è “senza precedenti”, nel senso che è unico e non ripetibile. Ovviamente l’accezione che si vuol dare all’espressione è un’altra, è sottolineare che non si tratta di sviluppi previsti e ordinari, ma imprevisti e fuori della norma. Ma, appunto, c’è una norma nella storia? E siamo sicuri che quell’evento –pur nella sua “eccezionalità”- non si sia mai verificato? “Mai successo a memoria d’uomo”: un po’ corto come metro!

Probabilmente l’esigenza che sta dietro questo modo di parlare è un’altra: abbiamo bisogno di dare un nome alla paura che la nostra storia personale e sociale sia troppo “normale”, che i problemi con cui dobbiamo fare i conti siano gli stessi con cui si sono confrontati quanti ci hanno preceduto, come se questa ammissione li svalutasse, li rendesse poco interessanti e allora ci affanniamo a spiegare che non è così, che noi stiamo vivendo eventi epocali, che i nostri problemi sono straordinari, che sono insomma “senza precedenti”.

Perdiamo così di vista una evidenza elementare: che a rendere davvero senza precedenti questa storia, questi anni e questi eventi è il fatto che a viverli siamo noi (che non c’eravamo quando li vivevano gli altri), è il fatto che sono i “nostri” anni, sono i “nostri” problemi e adesso la responsabilità di affrontarli e risolverli è la “nostra”.

Ma forse è proprio di questo che abbiamo paura, forse quando bisogna affrontare il drago e si teme di non farcela è meglio cominciare a dire che si tratta di un drago senza precedenti… chi potrà stupirsi se non lo uccidiamo?

Siamo proprio sicuri che confrontarsi con spread e precarietà sia più duro che misurarsi con carestie e invasioni? Eppure chi ci ha preceduto ha dovuto farlo.

Questa è la nostra storia. Ora tocca a noi rimboccarci le maniche: senza lagne e senza precedenti.