Cambiare tutto per non rinnovare niente. È un antico vezzo del costume italiano, di cui certo la politica non è esente. Vezzo e vizio sul punto di manifestarsi di nuovo. Cominciamo con il cambiare i nomi: da Popolo delle Libertà a Nuova Italia (?), da UDC a Partito della Nazione (?). Poi aggreghiamoci in modo diverso: qualcuno che stava di qua vada di là, e qualcuno da là venga di qua, un gruppetto da destra vada a sinistra e altri facciano il contrario.  Oppure, come urlano i grillini, “ricominciamo tutto daccapo”, correndo di qua e di là.

Tutto questo un tempo si sarebbe chiamato “ammuina”; ora qualcuno vorrebbe presentarlo come rinnovamento!

È forte, nel Paese, la richiesta di un segnale, di una svolta decisa. In tanti chiedono alla politica di “fare un salto”, perché il Paese non può continuare a sopravvivere a una conduzione politica così logorata e “sputtanata”.

Ma che significa “fare un salto”? 

Natura non facit saltus”, recita l’antica saggezza. E se non è possibile alla natura, pensate voi che sia possibile alla politica?  A me pare che l’attesa del salto, come di un evento taumaturgico, da un lato dia spazio agli imbonitori, quasi fossimo al circo dei saltimbanchi, e dall’altro lato crei nei cittadini una sorta di passività che, pur intrisa di rabbia, rivela tutta la sua impotenza.

O accade qualcosa di così traumatico, come una bancarotta finanziaria o una guerra, che spazzano via tutto e costringono a ripartire ex novo – eventi che nessuno si augura e che comunque, nel lungo periodo, non scongiurano la riproposizione, sotto mutata veste,  dei passati modelli e delle vecchie consuetudini – oppure, i trasformismi e le sceneggiate tali sono e tali restano.

Rinnovare la politica, secondo me, significa lavoro costante, certosino, onesto, partecipato, guidato dalla consapevolezza dei limiti e difficoltà dell’umana natura.

È quel rinnovamento che, tra fatiche e incomprensioni, stanno portando avanti persone serie come Bersani ed Enrico Letta.

Sono convinto che il rinnovamento ci sarà. Diceva Darwin che, nella selezione naturale, non sopravvivono i più forti ma gli organismi che maggiormente si adattano al cambiamento.  Non servono salti.  E’ necessario saper ascoltare, analizzare, dare risposte.  È necessario essere accanto ai cittadini, senza i privilegi che rendono sordi e insensibili.  E questo non è un salto, è molto di più.

Su questo dobbiamo essere severi verso i nostri politici. E con noi stessi.

Buona settimana.

Amedeo Piva