La democrazia, senza cultura democratica, non è altro che dittatura dei numeri. Un regime davvero pericoloso. Gli esempi concreti di questo assioma sono innumerevoli: a noi basta ricordare come fu proprio una scelta democratica, circa duemila anni fa, a liberare Barabba e condannare Cristo alla croce.

Lancio questo allarme perché osservo con preoccupazione il concentrarsi dell’attenzione di politici e cittadini sul tema della riforma della legge elettorale, quasi come se fosse la panacea per sanare miracolosamente ogni disastro politico italiano.

Certo, il porcellum è uno strumento sbagliatissimo, nocivo per ogni forma di vera rappresentanza territoriale, quindi va assolutamente cambiato. E al più presto. Ma contemporaneamente è indispensabile che si risvegli nei cittadini il senso di responsabilità diretta, personale, nei confronti della partecipazione democratica, vissuta nelle sue varie forme.  Dai quartieri alle associazioni, fino ad arrivare ai partiti.

Sarebbe un grave errore imputare ogni devianza della democrazia italiana al semplice meccanismo elettorale e ritenere che, riacquisito il diritto a esprimere il voto di preferenza, automaticamente si risolvano i problemi della partecipazione politica.

Un esempio pratico è quello delle elezioni regionali, in cui il cittadino può scrivere direttamente sulla scheda il nome del candidato al consiglio della propria regione.

Bene, ma le liste sono comunque preparate dai partiti, tradizionali o creati per l’occasione (come le cosiddette liste civiche). Spetta quindi ai partiti scegliere i nomi dei candidati e non c’è bisogno di ulteriori commenti per immaginare come anche questa selezione possa essere soggetta a tante “variabili”. Inoltre, nelle regionali del 2010, il tasso di preferenza (dato dal rapporto percentuale tra totale delle preferenze e totale dei voti validi di lista espressi) si è attestato al 23% in Lombardia, al 26 in Emilia Romagna, contro l’84% in Calabria e l’86 in Basilicata.  Significa che  nelle due regioni del Sud è stata compiuta una scelta migliore della classe politica o può venire il dubbio che esistano dei meccanismi di partecipazione forse inquinati?

E allora, che fare?  Buttiamo via, insieme al porcellum, anche la Democrazia? 

La tragedia delle democrazie moderne è che non sono ancora riuscite a realizzare la democrazia” (Jacques Maritain).

Non illudiamoci: la riforma della legge elettorale è urgente ed è un prerequisito necessario per una vera partecipazione democratica, ma da sola non basta. Dobbiamo essere convinti che la partecipazione non si esaurisce al momento del voto, neppure se è voto di preferenza.

La democrazia va costantemente tutelata e fatta crescere, ogni giorno, all’interno di una cultura e di una prassi democratica . Perché “se non ha un orizzonte su cui fondarsi e non ha dei protagonisti che si riferiscano a dei parametri etici”  la democrazia, come sottolinea Bruno Forte, “perde di vista il bene comune”.

SEGNALIAMO…

Domani 8 maggio alle ore 18.30, un incontro di PRAXIS e LIBERA INTESA: “TRASPORTO LOCALE, IGIENE URBANA, ACQUA PUBBLICA. QUALE FUTURO A ROMA?”. Conversazioni, idee, proposte in merito alle liberalizzazioni di servizi fondamentali.   Con Paolo Leon (Agenzia per il controllo e la qualita’ dei servizi pubblici locali del Comune di Roma). Intervengono Fabrizio Panecaldo, Umberto Marroni, Amedeo Piva. Modera  Roberto Sgammini.

Via Del Collegio Romano, 1 Roma.

 

Buona settimana.

Amedeo Piva