Sala piena ieri pomeriggio nella sede di TrecentoSessanta in via del Tritone per l’appuntamento del giovedì, uno spazio di riflessione e approfondimento cui l’associazione guidata da Enrico Letta ci ha da tempo abituati.
L’argomento era dei più attuali: il titolo dell’incontro era infatti “Punto e a capo? Giornalismo e politica nella Terza Repubblica”, un’occasione per gettare luce su come sta cambiando il rapporto tra informazione, comunicazione e politica. Relatori d’eccezione – oltre al padrone di casa Enrico Letta – erano Giuseppe De Rita, presidente del Censis, e Alessandro Barbano, vicedirettore del Messaggero e autore per Laterza del recentissimo “Manuale di giornalismo”.
De Rita ha proposto un tema ambizioso e complesso, che di certo sarebbe piaciuto al grande storico dell’antichità Santo Mazzarino. Come valutare la scansione temporale in cicli di questa frenetica età contemporanea, tra prime repubbliche che stentano a esaurirsi e seconde, terze repubbliche che forse non sono iniziate mai? “È finito un sessantennio, non una sequenza di quaranta più vent’anni” ha affermato il presidente del Censis. Almeno quattro sarebbero i parametri in base ai quali valutare questa irrimediabile soluzione di continuità. Primo tra tutti, la scomparsa nel Paese della “dimensione dei tanti soggetti”, cui farebbe subito seguito il venir meno del primato della soggettività, un aspetto questo che pure è stato decisivo per l’Italia, perché proprio “la libertà di essere se stessi ha creato i presupposti per lo sviluppo industriale del Paese”. De Rita ha scelto a questo proposito un esempio concreto: “Il censimento del 1971 rilevava 500mila aziende attive in Italia, mentre nel 1981 erano diventate 970mila, quasi il doppio”. Lo scenario oggi sarebbe ben diverso: l’affermazione della soggettività sarebbe considerata infatti una forma di egoismo, mentre saremmo immersi in un contesto rarefatto, con “circuiti finanziari in alto, circuiti locali in basso” e una “stratificazione in circuiti orizzontali di poteri che non comunicano tra loro”. Un’assenza di comunicazione e progettualità deleteria secondo De Rita, che finirebbe per aprire le porte a fenomeni nuovi e difficilmente controllabili, come quell’antagonismo errante di cui offrono esempio i movimenti No TAV e certe forme esasperanti di grillismo.
Al contrario, “fare politica significa saper connettere le cose alte, medie e basse e tenere insieme tutto il sistema”, ha affermato De Rita, perché “non si fa sviluppo in una società come la nostra senza un minimo di osmosi tra poteri”.
Enrico Letta ha quindi proposto nel suo intervento lucide riflessioni di scenario e indicazioni di percorso finalmente praticabili. “Il tempo reale è entrato nelle decisioni dell’economia, ma non della politica – ha sottolineato il vice segretario del PD, aggiungendo che “la politica è chiamata a fare i conti con coordinate spazio temporali completamente mutate a causa delle nuove tecnologie e della globalizzazione”. Anche in questo caso l’ignavia genera mostri e il rischio che si corre è che “la sovranità evapori”. Allora? “La politica può riacquistare sovranità solo se riesce a ritrovare il luogo e il tempo giusti per l’assunzione delle decisioni” ha aggiunto Letta. Altrimenti “lasciamo spazio all’antagonismo, che crea consenso ma non genera decisioni”.
Luoghi e tempi giusti, dunque. “Il luogo, non ci sono dubbi, non può che essere l’Europa” ha proseguito Letta. “La crisi in questo senso è una grandissima opportunità per fare un salto e arrivare agli Stati Uniti di Europa”. Mentre i tempi per assumere e attuare le decisioni devono essere davvero “quelli giusti”. Impossibile essere più chiari di così.
Barbano ha proposto in chiusura una riflessione tecnica sul ruolo dei media. “È finita l’era del giornalismo come proiezione della élite politica”, ha affermato il vice direttore del Messaggero. “Il giornalismo è chiamato a portare contenuti nuovi all’attenzione della politica”.
I tempi stanno cambiando, si cantava una volta. Sta a noi insomma – e non a chissà quale deus ex machina – volgere in opportunità gli ostacoli in apparenza insormontabili e ritrovare finalmente il giusto passo.