La protesta

All’indomani dell’approvazione, avvenuta lo scorso 9 ottobre, del ddl stabilità 2013 da parte del governo sono immediatamente esplose le proteste nelle scuole. Tutte le principali sigle sindacali hanno chiesto ai docenti delle scuole secondarie di sospendere le attività didattiche non obbligatorie e di convocare assemblee per discutere le misure all’esame del parlamento. Inoltre allo sciopero nazionale indetto per il 24 novembre a Roma da Cisl Scuola, Uil Scuola, Snals e Gilda Unams ha aderito, caso quest’ultimo non proprio frequente, anche la Flc Cgil. L’obiettivo? Ottenere il ritiro da parte del governo delle misure contenute nei commi da 42 a 45 dell’articolo 3 del ddl stabilità.

Dopo un primo momento di perplessità anche gli studenti e i genitori si sono uniti alla protesta dei professori.

Tutte le forze politiche che fanno parte della maggioranza di governo (PD, PDL, UDC) infine hanno annunciato un emendamento finalizzato a cancellare le norme contestate e a individuare nei bilanci di altri ministeri le risorse richieste dal governo all’Istruzione per finanziare la legge di stabilità.

Quali provvedimenti hanno avuto il potere di creare un fronte di opposizione così ampio ed eterogeneo?

Eppure le norme contestate sembrano essere, come dire, coerenti con i tempi di crisi che stiamo vivendo.

Il ddl infatti prevede l’aumento dell’orario di lezione dei docenti della scuola secondaria da 18 a 24 ore settimanali. Ventiquattro ore, non trentasei come gli altri lavoratori pubblici, non quaranta come la stragrande maggioranza dei lavoratori del settore privato. “Che siano anche i lavoratori della scuola a fare qualche sacrificio!”: sembra volerci suggerire il governo.

Ma qual è la posta in gioco? Si tratta davvero di un attacco del governo ai privilegi di una categoria?

Le norme contestate*

Come risulta dalla relazione tecnica che accompagna il ddl stabilità, la finalità delle disposizioni sopra citate è quella di ridurre la spesa del Ministero dell’Istruzione (MIUR) di 182,9 milioni di euro.

Come è noto il 90% delle spese afferenti al MIUR è rappresentato dalle retribuzioni del personale della scuola; pertanto è assai difficile operare risparmi di spese senza ridurre il personale.

La soluzione proposta dal governo non comporta riduzioni dei professori che rientrano nell’organico di diritto ma “solo” dei supplenti.

Va precisato che l’organico di diritto non copre l’intero fabbisogno di docenti. Infatti l’organico in questione comprende solo le cattedre intere, mentre gli spezzoni di orario non ne fanno parte.

Nella scuola secondaria di II° grado gli spezzoni d i orario sono un fenomeno strutturale conseguente alla circostanza che la sommatoria delle ore di insegnamento delle singole materie in tutte le classi di una specifica scuola spesso non è divisibile per l’orario di una cattedra piena cioè 18 ore. Il resto della divisione per 18 costituisce uno spezzone orario nella scuola e per la materia in questione. Nella scuola secondaria di I° grado il fenomeno invece è meno frequente.

Nella scuola secondaria l’organico di diritto comprende 321.176 cattedre, escluse quelle di sostegno e di religione, cui si aggiungono spezzoni orari corrispondenti a 20.762 cattedre intere che vengono coperte mediante l’impiego di supplenti.

Attualmente quando lo spezzone orario in una scuola è minore o uguale a 6 ore può essere affidato al personale docente rientrante nell’organico di diritto se il personale è disponibile. Le ore di lavoro aggiuntive vengono remunerate in misura pari a 1/18 dello stipendio per ogni ora settimanale che eccede le 18 ore di lavoro.

Gli spezzoni orari che non possono essere coperti tramite docenti che fanno parte dell’organico di diritto trovano copertura tramite supplenti per la durata dell’anno scolastico. Allo stesso supplente sono affidati più spezzoni anche su scuole diverse sino a concorrenza dell’orario lavorativo.

Le norme in discussione alla camera prevedono che l’orario di insegnamento settimanale per il personale docente della scuola secondaria aumenti da 18 a 24 ore a partire dal 1° settembre 2013. Nelle sei ore eccedenti l’orario di cattedra il personale docente non di sostegno della scuola secondaria verrà utilizzato prioritariamente per la copertura di spezzoni orario disponibili nella propria scuola, nonché per l’attribuzione di supplenze temporanee per tutte le classi di concorso per cui abbia titolo, per posti di sostegno, purché in possesso del relativo diploma di specializzazione e per gli impegni didattici in termini di flessibilità, ore aggiuntive di insegnamento, di recupero e di potenziamento.

Il periodo di ferie retribuito del personale docente della scuola secondaria è incrementato di quindici giorni su base annua.

Le disposizioni di cui ai commi da 42 a 44 non possono essere derogate dai contratti collettivi nazionali di lavoro. Le clausole contrattuali contrastanti sono disapplicate dal 1° settembre 2013.

In sintesi l’orario di insegnamento di tutti i docenti della scuola secondaria verrebbe aumentato di 6 ore, per legge, in cambio non di un aumento retributivo ma di un aumento dei giorni di ferie.

Se le misure descritte venissero approvate i docenti sarebbero dunque obbligati a coprire gratuitamente tutti gli spezzoni di durata minore o uguale a 6 ore presenti nella propria scuola.

La relazione tecnica stima che in tal modo si potrebbero coprire gratuitamente tramite l’organico di diritto spezzoni corrispondenti a 9.269 cattedre. Si verrebbero così a perdere 9.269 posti di lavoro per i supplenti che oggi coprono questi spezzoni.

Il personale che fa parte dell’organico di diritto verrà impiegato nei limiti delle 6 ore aggiuntive anche per le supplenze temporanee e le attività extracurricolari. Anche per questa strada vi sarà quindi una riduzione dei supplenti impiegati.

Le norme in discussione si applicheranno anche agli insegnanti di sostegno che attualmente nella scuola secondaria sono 45.853. In caso di approvazione del provvedimento si perderebbero 11.462 posti di lavoro.

Le conseguenze delle norme contestate in sintesi

1. Una lesione dei diritti di tutti i lavoratori

Questo ddl cancella con un tratto di penna la contrattazione collettiva su stipendio e orario di lavoro imponendo per legge sia l’uno che l’altro. Si tratta evidentemente di un vulnus gravissimo ai diritti di tutti i lavoratori e non solo di quelli della scuola. Per questo quella degli insegnanti non è la rivendicazione di una sola categoria.

2. Aumento della disoccupazione nel comparto della scuola

La relazione tecnica stima la riduzione dei posti di lavoro in 20.731 unità ma come avverte la relazione stessa si tratta di una stima per difetto: non è stato quantificato infatti l’impatto delle nuove norme sulle supplenze temporanee.

3. Riduzione sia delle remunerazione oraria che della retribuzione effettiva

Queste norme, se approvate, determineranno non solo una riduzione del compenso orario di tutti i docenti della scuola secondaria ma anche una diminuzione della retribuzione annuale degli insegnanti facenti parte dell’organico di diritto che oggi coprono a pagamento gli spezzoni orari fino a 6 ore.

Conclusioni

Qual è la posta in gioco? Il pareggio di bilancio nel 2013 o lo sviluppo e la competitività del nostro paese da qui a dieci anni? Entrambi sono obiettivi irrinunciabili ma il primo dipende in misura marginale dai risparmi di spesa attuabili nel settore dell’istruzione (la manovra 2013 ammonta a 15,4 miliardi di euro tra maggiori entrate e minori spese), il secondo dipende in modo esiziale dagli investimenti in capitale umano e quindi nel sistema scolastico e formativo.

Avanti con la spending review quindi ma tenendo presenti sia gli obiettivi di breve quanto di lungo periodo.

 

*Fonte: Relazione Tecnica di accompagnamento al ddl stabilità 2013.