“Un nuovo inizio per il Lazio” è il titolo del programma presentato giovedì scorso a Roma da Nicola Zingaretti (LINK), candidato alla presidenza della Regione. Restituire efficienza e vitalità al territorio del Centro Italia: un obiettivo da raggiungere, come ha affermato lo stesso Zingaretti, attraverso “impegni concreti, ma soprattutto realistici”.
La road map per permettere al Lazio di voltare finalmente pagina e lasciarsi alle spalle anni di sprechi, non scelte e malgoverno è sintetizzata in 62 pagine color verde acqua, contenenti un insieme di “linee guida”. Proposte chiare, puntuali, nate – come ha ricordato Zingaretti – da un confronto iniziato nell’ottobre 2012 e durato mesi con “le forze sociali e associative, i singoli, i territori”.
Quello che colpisce a un primo sguardo sono le tante cifre riportate, in evidenza e tutte di impatto. Insieme all’indicazione di scadenze certe, entro le quali le proposte presentate devono trasformarsi in realtà. Come dire, la politica non è fatta solo di belle parole. Le cifre nel programma dettagliano anzitutto il quadro della situazione attuale della regione, definita “una grande economia”, con un vasto tessuto produttivo, ma “ancora poco competitiva”, perché gravata da inefficienze e fragilità ormai consolidate.
Le ragioni di questo sfasamento sono tante: dagli scarsi investimenti dei privati in ricerca e sviluppo, alla debolezza delle reti, fino alla piccola dimensione delle imprese (il 65 per cento delle quali può contare solo su un addetto). Senza dimenticare la variabile “politica”: per troppo tempo infatti nel Lazio, come si dice chiaramente nel programma, “è mancata una regione”. In concreto, per anni ha prevalso una amministrazione inefficiente e inaffidabile, con una struttura organizzativa mastodontica e troppe leggi obsolete. Una realtà che ha mostrato scarsissima attenzione nei confronti, tra l’altro, di temi fondamentali come il trasporto pubblico, il diritto allo studio, la sostenibilità ambientale nello smaltimento dei rifiuti.
La risposta? Ripartire da alcune indispensabili “rivoluzioni”. Quella amministrativa, attraverso la semplificazione e la razionalizzazione delle strutture organizzative. La “rivoluzione della trasparenza”, per offrire ai cittadini la possibilità di controllare direttamente ogni passaggio della vita amministrativa della Regione. La “rivoluzione della partecipazione”, per garantire a tutti la possibilità di intervenire nella definizione delle scelte di governo. La rivoluzione digitale, per costruire forme di partecipazione trasparente, abbattendo in primo luogo il digital divide che esclude di fatto nel Paese milioni di cittadini dall’acceso all’informazione e ai servizi.
E poi i percorsi per “rilanciare l’economia e il lavoro”, “investire nella crescita delle persone” e “innovare i servizi”, partendo dalla sanità, la gestione dei rifiuti, il diritto alla mobilità e la sfida dei diritti.
Zingaretti è molto chiaro: “Tra cinque anni il Lazio forse non avrà risolto tutti i suoi problemi, ma sarà sicuramente una regione molto diversa, con meno sprechi e meno tasse, più equità e più innovazione”.
Un compito arduo? Senz’altro, ma non impossibile. Se, come ha affermato Zingaretti chiudendo il suo discorso di presentazione, non rinunceremo a ispirare il nostro cammino alle bellissime parole di San Francesco: “Facciamo prima ciò che è necessario, poi ciò che è possibile e all’improvviso ci accorgeremo di aver fatto l’impossibile”.