Vanna Palumbo (L’Unità del 31 ottobre) si domanda “Cosa si aspettano le donne dai movimenti che parlano in loro nome…?” (LINK).
Provo a citare un caso e suggerire un tema.
Nel novembre 2012, in conseguenza della riforma Fornero, salta fuori che per alcune decine di migliaia di donne (soprattutto operaie tessili) scompare del tutto la prospettiva della pensione. Sono soggetti che hanno smesso di lavorare entro il 1992 avendo maturato 15 anni di contributi, sufficienti come requisito contributivo, ma non hanno raggiunto l’età per il diritto. Si sono ritirate dal lavoro per tante ragioni e convinte che al raggiungimento dell’età avrebbero incassato la pur modesta pensione. Invece la riforma Fornero non solo allunga l’età, ma eleva a 20 anni il requisito contributivo. Raggiungono me e Bruno Ravasio che eravamo stati dirigenti nazionali del sindacato tessili Cgil (Filtea) negli anni Ottanta. Ci diamo da fare e rompiamo le scatole a tutti cominciando dalle donne del sindacato. Non ci è riuscito di incontrare alcun interesse. Chi ha dato una mano vera, promuovendo la soluzione, è stata la On. Marialuisa Gnecchi che si è dimostrata al tempo stesso sensibile e competente.
C’è un tema di grande attualità che si chiama non autosufficienza e la cui drammaticità cresce.
In Italia 2 milioni e 700mila soggetti non autosufficienti per la gran parte anziani, ma non solo. Sono prevalentemente donne. Il complesso delle famiglie interessate supera i 5 milioni di soggetti. Molte famiglie hanno adottato la soluzione badante perché totalmente inadeguato il sistema pubblico di aiuto. A Inps risultano iscritti nel 2011 quasi 900mila addetti soprattutto donne immigrate. Ce n’è un numero pari in nero, forse di più. Anche dove c’è la badante il peso della organizzazione è sulle spalle delle donne. Adesso non le chiamiamo più rezdore, ma Caregiver. Sembra un salto di qualità, ma non lo credo sufficiente a cambiare la loro vita.
E ci sono medici, infermieri, OSS e altro personale addetto alla cura. In tutto parliamo di circa otto milioni di persone.
In un gruppo di persone che vedono il problema abbiamo dato vita ad una Associazione che si chiama “Professione in Famiglia” (LINK). Abbiamo messo a punto proposte discutibili finché si vuole, ma appunto da discutere.
Se non ora quando lo dico io.
Aldo Amoretti (Presidente “Professione in Famiglia”)