La confusione dei ruoli rende fragile la democrazia, è palese.
La magistratura manda a casa Berlusconi, la corte costituzionale cambia la legge elettorale. E i politici si limitano a commentare, dagli scranni del parlamento o più spesso dagli studi dei talkshow, gli eventi che non riescono più a guidare: “Non è possibile perpetuare l’equivoco di una società governata da chi dovrebbe giudicare e giudicata, solo con parole e con parole da talk show, da chi dovrebbe governarla” (LINK).
E i cittadini?… brontolano. I toni sono diversi ma, alla fine, non producono che un sordo (o rumoroso) brontolio.
Ma proprio da questa società “sciapa e malcontenta” (LINK) può ripartire il riscatto. Non si tratta di trascinare il dibattito su primarie, maggioritario, preferenze: le regole sono importanti, ma sono inefficaci se non si basano su una società sana. Più che il ricamo è importante la stoffa: perfino il sistema proporzionale “può funzionare bene solo se esistono grandi partiti, radicatissimi nella società e fortemente legittimati. Ma i nostri partiti sono per lo più ectoplasmi, entità semi-gassose che suscitano fastidio nei cittadini meglio disposti, e disgusto negli altri. Altro che radicamento e legittimità!” (LINK).
Non ci sarà risveglio se non ricostruiamo il tessuto sociale vitale: relazioni vere e non formali, linguaggio costruttivo, concretezza solidale, piacere di stare insieme e condividere idee e valori, capacità di ragionare su tempi lunghi…
Ce n’è per tutti, basta guardarci intorno (e cominciare).
E ora Matteo Renzi, con la sua travolgente vittoria, ha davanti a sé una gravosa responsabilità e una grande opportunità. “Il peso del successo” (LINK), è il titolo che Antonio Polito pone alla sua speranzosa analisi dell’esito delle primarie. Che conclude però lasciandoci nell’ansia: “Sarà capace il sindaco di Firenze, nei due giorni che intende passare a Roma, di trasformarsi in un uomo di governo? Per come è messo il nostro paese, bisogna augurarselo”.
Buona settimana.
Amedeo Piva