“La nostalgia è canaglia, ce l’avevano insegnato Al Bano e Romina proprio a Sanremo”, ci ricorda il critico Aldo Grasso a commento del 64o festival della canzone italiana, appena concluso. “La nostalgia piace al pubblico adulto ma allontana quello giovane. La nostalgia, un sereno equilibrio di inconvenienti, ci costringe a vivere in ciò che è perduto, ci fa credere di aver vissuto giorni migliori, ma intanto ci discosta dal presente” (LINK).
Così sul palco dell’Ariston si sono viste, tra gli altri, l’inossidabile Raffa e le sorelle Kessler. E gli ascolti sono crollati a picco, nonostante l’invito lanciato venerdì scorso dalla sala stampa del Quirinale dal “ggiovane” neo premier, fresco di nomina, a non perdersi il festival.
Niente nostalgie, dunque. Discorso diverso è saper fare tesoro del passato, perché “tutti sanno e nessuno ricorda”. Mentre forse è più salutare sapere poche cose, ma ricordarle benissimo.
Se quindi le esperienze che abbiamo alle spalle possono esserci di aiuto, quanto meno per non rimettere il piede in fallo lì dove siamo inciampati più e più volte, ben venga. Se poi si tratta di riprendere in mano e sviluppare progetti validi ma rimasti in fase di cantiere – per i tanti busillis che caratterizzano la nostra storia patria – meglio ancora.
Lasciamo la tisana di tiglio e le madeleinette lì dove è giusto e utile che siano, nelle pagine di un libro. L’elegia si addice alla letteratura, un po’ meno alla vita di tutti i giorni.
Certo, anche il proclamarsi nuovi a tutti i costi è una scelta programmatica che per lo meno qualche dubbio lo suscita (LINK). E forse mai come oggi (LINK).
Meglio allora essere saggiamente innovativi, consapevoli che “natura non facit saltus” (LINK). Rassegnandosi a dover compiere tutti i passi necessari, con onestà e il giusto senno. Perché di cantanti di una sola estate e di “uomini della provvidenza” scaduti son piene le fosse.