Mercoledì 26 appuntamento con Francesco Rutelli, leader di Alleanza per l’Italia e sindaco di Roma dal al 1993 al 2001. È stato il primo incontro al Collegio Romano della stagione 2014 di Praxis.
Il tema era piuttosto provocatorio, si parlava infatti dello spinoso connubio tra politica e “sogni incompiuti”. Quasi una maledizione dei nostri tempi, un po’ come a Roma la disputa su Malagrotta o i tombini che esplodono alla prima pioggia.
“Non si riparte mai da zero”, ha esordito nel suo discorso di benvenuto Amedeo Piva, direttore di Praxis e assessore alle politiche sociali nelle due giunte Rutelli. “Esistono piuttosto dei grandi sogni che non si realizzano del tutto”. Sulla stessa lunghezza d’onda Gianni Del Bufalo che ha rilanciato domandando al protagonista della serata: “Se non esiste alcun anno zero, che anno è quello che stiamo vivendo?”. Il pensiero di molti naturalmente è corso alla lunga strada (accidentata) che ci separa dalla grande stagione di rinnovamento iniziata a Roma nel ’93 e il penoso oggi.
Qualche coda di questo dissesto ce la stiamo sciroppando proprio in questi giorni, se una delle prime azioni intraprese dal nostro giovane premier è stata una telefonata al sindaco Marino per quello che potremmo definire – senza timore di essere smentiti – un bel “liscia e busso” a mezzo stampa.
“Siamo arrivati al governo di Roma dopo un lavoro immenso durato almeno un anno – ha esordito il leader di Api. “Un lavoro vissuto in gruppo – ha proseguito – perché da soli non si può fare alcunché”. E a rinforzare il condivisibile concetto, Rutelli ha proposto una bella citazione dello storico Cassio Dione: “il cambiamento non avviene in velocità, avviene in profondità”.
Certo che, misurando queste parole con il clima caotico attuale, sembra che dal 1993 siano passati ben più di venti anni. “Nella politica recente tutto è personalizzato”, ha proseguito Rutelli, e i gruppi sono formati da “personaggi circondati da yesman”. Mentre cifra dominante dell’agire di allora sembra essere stata la ricerca e valorizzazione dell’altro, del dialogo tra culture e sensibilità diverse.
Non a caso Rutelli ha ricordato che “quando lo scegliemmo per l’assessorato alle politiche sociali, Amedeo si occupava di Focsiv (Federazione organismi cristiani di servizio internazionale cooperazione e sviluppo), di volontariato internazionale. Perché “chi conosce il mondo conosce casa sua, mentre non sempre è vero il contrario”.
Cosa è cambiato da allora? “Viviamo in una stagione in cui ogni cosa e ogni persona ha un’etichetta con il prezzo attaccato”. Fuor di metafora, “dietro ogni interpretazione dell’oggi, il tema dominante sembra essere “quanto costa, quanto vale”. È questo secondo Rutelli il male autentico della politica, che ha determinato “un colossale impoverimento del dibattito pubblico”, laddove la politica dovrebbe porsi come traguardo il “migliorare la coesione di una comunità, la sua vitalità”.
Qualcosa in più rispetto al raggiungimento di obiettivi specifici e pur indispensabili come l’abbattimento del cuneo fiscale.
La domanda posta da Rutelli allora è se la famigerata “crisi della politica” non risieda nell’avvenuta perdita delle “motivazioni per il cambiamento”. Tutto il contrario di quel “bisogna sognare in grande e credere nei desideri” che padre Giovanni La Manna, presidente del Centro Astalli e padrone di casa al Collegio Romano, ha rivolto agli amici di Praxis in apertura di serata.
“Il nostro sogno era migliorare la città e farla unita” ha proseguito quindi Rutelli ricordando la figura di Gianni Borgna, fine intellettuale e assessore alla Cultura di allora, da poco scomparso.
“La cultura per noi era la diversità che si incontra partendo dai piedi del Campidoglio”, perché “la civiltà della condivisione non è solo la vetrina del centro”. Non a caso, invece del vecchio adagio “tutte le strade portano a Roma”, Rutelli preferisce il più storicamente fondato “tutte le strade partono da Roma”, ricordando il Miliarium Aureum ai piedi del colle capitolino, la famosa colonna da dove in età classica si misuravano le distanze dei grandi centri dall’Urbs.
La battaglia culturale che oggi Rutelli rilancia dunque è quella contro “la photo opportunity”, l’istantanea studiata ad arte per riscuotere consenso. Tutto il contrario della vita e dei suoi problemi che somigliano piuttosto “a un film, con tanto di scritta “continua”.
“Il dramma reale del nostro tempo è nella non continuità” ha proseguito Rutelli, quasi riecheggiando le dispute storiografiche di Santo Mazzarino sulla storia antica. “Quest’anno non è l’anno zero. Ogni atto ch facciamo non può prescindere dalla memoria”.
Infine la proposta: “dobbiamo sostenere una grande battaglia contro le photo opportunity – ha ribadito – e contro l’idea che tutto si fondi sul dare-avere economico”. Come? Attraverso “una coalizione pluralistica”, capace di “creare una campagna contro la pretesa dei 140 caratteri che riassumono la storia del mondo”. Perché “nei 140 caratteri si esprime un sentimento, un rancore, una speranza molto semplificata”, con il rischio concreto che “tra non molto votare si ridurrà a scegliere chi twitta più efficacemente, trasmette una sensazione invece di saper costruire un progetto”.
E il pensiero corre di nuovo all’oggi e al tweet lanciato dal Quirinale, “Arrivo, arrivo!”.
Non solo parole. Rutelli ha poi sottolineato come “la mia più importante realizzazione da sindaco, non è stata l’apertura e ristrutturazione di 30 tra musei e gallerie” o le tante opere strategiche compiute nella Capitale, ma “l’apertura dei centri diurni per il disagio mentale”. Ben 14, come ha ricordato anche Amedeo Piva, che con Rutelli ha condiviso la strada verso questo fondamentale impegno.
Nessuno spazio, ha concluso Rutelli per “una politica fatta da smemorati, da semplificatori ridicoli”.
La direzione segnata è molto chiara. Non c’è che da rimboccarsi le maniche.