Tutti conosciamo il famoso principio “la tua libertà finisce dove inizia la mia”, il problema è capire dove passa la linea di confine. Per essere concreti ed attuali, dove finisce la libertà di chi vuole scegliere se vaccinarsi o no contro il Covid e dove comincia quella di chi non vuole correre il rischio di essere contagiato da chi ha rifiutato la vaccinazione? Quando due libertà entrano in contrasto, il famoso principio incontra notevoli difficoltà di applicazione. Sarebbe forse più agevole tracciare la linea di confine se tutti avessero uguali rischi, uguali diritti, uguali svantaggi, ma sappiamo che non è così. Siamo appena all’inizio della possibilità di vaccinarci e già il problema comincia ad emergere con forza, proviamo a chiarirci le idee per quando diventerà più grave ed urgente.
La nostra Costituzione consente al legislatore di prevedere un obbligo vaccinale, se ciò è ragionevole alla luce delle condizioni epidemiologiche e delle acquisizioni della ricerca medica. L’art. 32, infatti, tutela la salute non solo come diritto fondamentale del singolo ma anche come interesse della collettività e permette di imporre un trattamento sanitario se diretto «non solo a migliorare o a preservare lo stato di salute di chi vi è assoggettato, ma anche a preservare lo stato di salute degli altri» (Corte costituzionale, sentenza n. 5 del 2018).
Lo stesso articolo 32 precisa anche che “nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge”, dunque c’è la libertà di rifiutare qualsiasi trattamento sanitario, salvo quello per il quale la legge istituisca un obbligo. In Italia abbiamo numerosi casi di vaccinazioni rese obbligatorie da norme di legge per singole categorie di persone o per tutti, ma nessuna norma ha ancora reso obbligatoria la vaccinazione contro il Covid. In attesa -dunque- di una legge che definisca con chiarezza le condizioni dell’obbligo, le categorie che lo prevedono e le conseguenze che possono derivare dal rifiuto a vaccinarsi, è auspicabile una campagna per rassicurare e persuadere quanti hanno timori e perplessità e risvegliare “l’obbligo morale” verso la tutela di sé e dell’altro.
Lo stesso presidente della Corte costituzionale, prof. Giancarlo Coraggio, non ha usato mezzi termini e ha dichiarato: “Io mi vaccinerò. E mi chiedo come sia possibile sottrarsi a quest’obbligo morale“; precisando che i margini di costituzionalità di una legge che imponga la vaccinazione anti Covid, sono due: la sicurezza scientificamente provata e necessità del trattamento sanitario per salvaguardare la salute collettiva.
La salute -è importante ricordarlo- non è un bene solo individuale, ma è un bene collettivo. Mai come in questa pandemia la natura collettiva della salute è apparsa evidente: salvo murarsi vivi in un eremo riforniti da un elicottero, sappiamo benissimo che l’eventualità di contrarre o non contrarre il virus dipende dai comportamenti degli altri con cui abbiamo relazioni tanto quanto quella degli altri dipende dal nostro comportamento personale. E’ una esperienza emblematica in cui tocchiamo con assoluta evidenza la responsabilità reciproca che abbiamo l’uno dell’altro; una responsabilità che esiste anche in molti altri casi, ma in questo si vede di più.
Se (solo due mesi fa), quando allo Spallanzani respiravo grazie al casco che mi pompava ossigeno nei polmoni senza alcuna certezza di farcela a tornare a casa, mi avessero detto che con un vaccino avrei potuto evitare quello che stavo passando, non avrei ritenuto possibile che qualcuno -potendo vaccinarsi- potesse scegliere di rifiutarlo. Sono una persona mite, ho sempre rispettato le opinioni degli altri e ho intenzione di continuare a farlo, ma se in montagna -in cordata- scalando una parete qualcuno rivendicasse la sua libertà individuale di tagliare la corda che ci lega insieme, avrei qualcosa da ridire sul suo concetto di libertà individuale e temo che lo farei in modo poco mite.