E’ in corso una guerra estesa e -come tutte le guerre- estremamente distruttiva.
Molte persone stanno vivendo nella paura, stanno fuggendo, sono ferite, sono morte.
Migliaia hanno perso quanto avevano e sono in viaggio senza sapere cosa li aspetta.
Questo è: indipendentemente dalle nostre valutazioni, interpretazioni, indignazioni, invocazioni, speranze e paure.
Molti hanno provato e stanno provando a capire cosa sia più sensato, giusto, efficace pensare, dire e (non molti) fare.
Ci sono in giro molte “schegge” di ragioni:
- non hanno forse ragione quanti invocano -prima di ogni altra cosa- un cessate il fuoco immediato perché si possano avviare negoziati e aprire corridoi umanitari rispettati?
- non hanno forse ragione quanti vorrebbero costringere gli aggressori a fermare la loro aggressione isolandoli internazionalmente e danneggiando la loro economia?
- non hanno forse ragione quanti vorrebbero fermare gli aggressori armando adeguatamente gli aggrediti?
- non hanno forse ragione quanti temono una possibile catastrofe nucleare (di fronte alla quale tutti gli altri discorsi perderebbero senso) e invocano per questo che la trattativa diplomatica torni a sostituirsi allo scontro armato?
- non hanno forse ragione quanti pretendono di ricostruire storicamente come e perché si è scatenata questa guerra cercando di riavvolgere il nastro e trovare l’elemento da rimuovere per evitare che continui?
- non hanno forse ragione quanti ritengono che -malgrado l’amarezza- la resa (almeno parziale) degli aggrediti salverebbe molte vite e risparmierebbe molto dolore finendo col lasciare agli aggressori una vittoria mutilata e un dissenso interno insostenibile?
- non hanno forse ragione quanti ricordano le tante altre aggressioni e ingiustizie che sono state perpetrate dalle quali non ci siamo sentiti coinvolti e per le quali non ci siamo neanche indignati?
- non hanno forse ragione quanti -avendo ormai perso la fiducia nella capacità degli uomini- implorano un intervento soprannaturale?
- non hanno forse ragione quanti ci ricordano che se chi è vissuto prima di noi si fosse arreso alle ragioni degli aggressori, oggi vivremmo in una società senza libertà e senza diritti in balìa solo degli interessi di chi è più forte?
- non hanno forse ragione quanti ritengono essenziale denunciare l’ingiustizia e l’assurdità di ogni guerra testimoniando il valore della pace con manifestazioni, fiaccolate, sit-in, veglie e gesti simbolici?
- non hanno forse ragione quanti –consapevoli di non poter di modificare il corso degli eventi- hanno deciso di fare intanto la loro parte rimboccandosi le maniche, inviando aiuti e accogliendo i profughi?
Hanno tutti ragione, tutti un po’.
Peccato che i diversi frammenti di ragione non siano pezzi dello stesso puzzle; peccato che ognuno si affezioni alla sua “scheggia” difendendola come una certezza identitaria e se non serve a cambiare la realtà… tanto peggio per la realtà; peccato che alla fine non è l’aver ragione a fare la differenza.
La differenza la fa la possibilità concreta di modificare i fatti che sconvolgono la vita di migliaia di persone e questa possibilità può farsi strada solo nella convinzione incrollabile che essa esista, nel realismo di chi è disposto a rinunciare a una parte di ciò che sarebbe teoricamente buono e giusto pur di fermare il peggio e nella capacità di sopportare anche l’ipotesi che tutto questo potrebbe -nei tempi brevi- non bastare.
Nessuna strategia può garantire l’esito positivo, ci sono guerre che durano decenni e a qualunque orrore si fa l’abitudine, ma una cosa è sicura: se l’incertezza dell’esito tagliasse le gambe alla convinzione che una strada efficace esiste e che vale la pena scovarla e perseguirla allora quella strada non la troveremo mai.
Ci salva solo la pazienza di continuare a crederci e a provarle tutte.