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Per anni i partiti attualmente al governo hanno sostenuto, malgrado tutti i dati lo smentissero, che il principale “pull factor” [fattore di attrazione] delle migrazioni nel Mediterraneo fosse costituito dalle ONG che intervenivano a soccorrere i barconi in difficoltà e, con questa motivazione, ne hanno contrastato in tutti i modi le attività fino ad arrivare -con il recente decreto- a renderle praticamente impossibili restringendo drasticamente le condizioni e le zone di intervento, assegnando loro porti di sbarco lontanissimi dall’area di soccorso, obbligandole ad un solo “salvataggio” per ogni viaggio e imponendo sanzioni pesantissime in caso di infrazione. Eppure, malgrado il quasi totale azzeramento delle attività delle ONG, nei primi tre mesi di quest’anno sono sbarcate sulle coste italiane 27.219 persone, oltre il quadruplo dello stesso periodo nello scorso anno, confermando quindi che non erano le ONG a indurre i migranti a mettersi in mare e allora il ministro dell’interno si è affrettato a precisare che il vero pull factor, nei fenomeni migratori, è il “sistema mediatico” del paese che accoglie, cosa di cui si è ovviamente rammaricato. Il ministro sembra immaginare che maliani e nigerini nelle carceri libiche o afghani e siriani sulle coste turche leggano i giornali italiani e consultino i sondaggi IPSOS prima di partire…
Quale sarà allora il misterioso pull factor che attira queste persone a mettersi rischiosamente in mare pagando cifre elevatissime per tentare di raggiungere le nostre coste? E’ davvero incredibile che ci si ostini a voler identificare il fattore di attrazione quando il fattore di spinta -il “push factor”- è invece macroscopicamente prevalente e visibilissimo! Sarebbe come chiedersi qual è il pull factor che “attrae” verso l’esterno quanti si trovano in un palazzo che ha preso fuoco o perché mai chi riesce ad uscirne si dirige affannosamente verso il riparo più vicino anziché cercare un ricovero altrove (ma perché tutti qui? perché tutti verso Lampedusa e Crotone anziché verso Helsinki e Danzica?)
Sono notissimi e visibilissimi i push factors dei flussi migratori. Sono forse sconosciute le situazioni di conflitto in cui si trovano l’Afghanistan o la Siria? Sono forse misteriose le tensioni e le condizioni di vita in Mali, Niger e Burkina Faso? Non è forse arcinoto il tracollo economico della Tunisia e la improvvisa svolta xenofoba del presidente Kaïs Saïed nei confronti degli oltre ventimila subsahariani presenti nel paese? Perché l’anno scorso nessuno si è chiesto quale fosse il pull factor che ha “attratto” in Italia 170.000 ucraini e -fortunatamente- nessuno ha avuto da ridire sulla loro accoglienza, senza porre limitazioni numeriche, né vincoli relativi alla loro circolazione, all’accesso al mercato del lavoro, alla fruizione dei servizi sanitari, sociali ed educativi?
Quando un fenomeno -come quello migratorio- non è bloccabile o eliminabile occorre fare tutto il possibile per governarlo pragmaticamente senza isterie populistiche o miopi buonismi di corto respiro. La strada maestra è quella di concordare politiche condivise e complementari con l’Unione Europea, non elemosinare continuamente aiuti economici o pretendere sterili pattugliamenti, ma costruire insieme i piani di ricollocazione, rinegoziare l’accordo di Dublino, attivare efficienti corridoi umanitari non solo teorici… occorre insomma un lavoro costante e faticoso, molto più faticoso che “inasprire le pene per gli scafisti”.
Dobbiamo credere nella dimensione europea oltre ogni opportunismo e convincerci -come dice Sergio Fabbrini- che “se l’integrazione europea è nata storicamente dall’esigenza di rispondere ai drammi del passato, il suo sviluppo ha dimostrato di essere la risposta anche alle sfide del futuro. Oggi, la magnitudine dei problemi che i Paesi debbono affrontare è di gran lunga superiore alle loro capacità in termini di poteri, competenze, risorse, personale.”. Di fronte all’intensificarsi dei flussi migratori non serve la caccia agli inesistenti pull factors e i push factors sono troppo grandi per affrontarli da soli.