Si spegne fortunatamente, nel primo vento d’agosto che dà un alito fresco alla luce, l’Italica fiera del pop: si chetano un po’ i clangori della politica degli slogan, delle pompose banalità proclamate come intelligenti verità, degli inni alla ripresa italiana (più forte di quella degli altri paesi), alla specialità dei casi nostri, all’influenza delle nostre opinioni, ai saggi indirizzi che abbiamo dato all’intero mondo. Anche i numeri vanno in vacanza, stremati dagli strattoni subiti per tutto l’anno. Fanno eccezione quelli – ahinoi! – che arrivano dall’Europa, cui però si riserva una distratta attenzione. E’ in ferie anche Bruno Vespa, tacciono i talk shows animati dai nostri fast thinkers, si riposa il Principe danzerino che tanto piace alla ggente; anche l’isola dei famosi è chiusa per ferie, Simona Ventura e Maria De Filippi sospendono l’erogazione delle loro Weltanshauung, ma di sicuro ne seguiremo, sulle spiagge, le ore di sole. Anche le baruffe parlamentari prendono una boccata d’aria, paghe dello spettacolo offerto. Se ne riparla (per fortuna) a settembre, quando avremo ricaricato al nostra bovina capacità di sopportazione. Ci resta qualche sondaggio, magari fatto in costume da bagno, per dare un prossimo indirizzo sicuro su quello che il popolo vuole per sé.

Mi viene in mente Borges: “mi sento del tutto indegno di esprimere opinioni politiche, ma forse mi sarà concesso di aggiungere che diffido della democrazia, questo curioso abuso della statistica”; ma poi, per non disperare, mi soccorre Churchill.

Ribolle invece, con grande virulenza, la poco commendevole vicenda monegasca, con le sue code di liquami versati sul ventilatore per spargere al vento schizzi in cerca di camicie finora inamidate. Sobbolle intanto quella legata agli sceneggiati della Rai, con promesse di ulteriori liquami per i ventilatori di settembre.

Intanto la politica, a corto di coscienza, gioca a rimpiattino coi ruoli naturali: l’opposizione invoca un governo, la maggioranza di governo pensa alle elezioni; entrambi con l’incertezza di chi guarda costantemente ai sondaggi e assai poco alle esigenze vitali del Paese. Intanto i guastatori minano il terreno con protervia ignara di ogni rispetto per uomini ed istituzioni.

La mente, stanca e disgustata, si volge, con lentezza (mi autocompiace l’idea di essere uno slow thinker!), a qualche lettura (o rilettura) meno provvisoria, alla ricerca del fresco di idee non banali. Di qui la voglia di elargire non richiesti consigli agli amici lettori.

Cominciamo con una lettura un po’ impegnativa: Salvatore Natoli: Il buon uso del mondo, Mondadori, un libro che mi è stato di conforto per riflettere, fra l’altro, sulla verità.

Quid est veritas? domanda, scettico, Pilato al Cristo che rimane silenzioso ma che, pure, ai suoi apostoli, ha detto: Io sono la via, la verità e la vita.


Il fatto è che, forse, esistono due piani della verità, due piani (alla prima apparenza) separati: quello sull’uomo, che, per fede (almeno per me), attinge alla Rivelazione e quello sul mondo, apparentemente oggettivo, cosificato, concreto, attaccato alla realtà e che, proprio per questo, ci pare, talora, più affidante. Eppure, come nota il filosofo, del cubo vediamo sempre e solo alcune facce (ed il cubo ne ha solo sei mentre la realtà ne ha infinite!). Allora, effettivamente, il cammino della verità (sul mondo) appare un cammino perlustrativo. Ma chi è il perlustratore, se non l’uomo? E che sappiamo veramente dell’uomo se non ciò che ci è stato detto, al che abbiamo aggiunto qualche provvisoria nozione di biochimica?

Non sono uno specialista di questi difficili sentieri ai quali il presente aggiunge il fascino dell’inconsueto; né ho il passo per percorrerli a lungo. Però mi è stato di conforto riattingere alla loro esistenza, mentre nella valle scorrono le più veloci autostrade, piene di macchine, di sudore, di radio ad alto volume.

Poi una rilettura (che ogni tanto va fatta, in forma sequenziale): La lettera ai Romani di Paolo di Tarso, una riflessione ampia sulla relazione degli uomini con Dio alla luce della Rivelazione. Non tento nemmeno di farne una estrema sintesi, tanta è la profondità e anche la difficoltà del testo, che tutti conosciamo almeno a brani. Mi ha, però, colpito particolarmente una frase che non ricordavo: Per colpa vostra i non credenti parlano male di Dio (2, 24). La frase (citata da Isaia, 52) , nel testo è rivolta alla polemica religiosa con gli Ebrei, cui pure l’Apostolo non chiude le porte della Rivelazione, ma a me è sembrata di grande attualità pensando ad alcune vicende della nostra Chiesa di oggi ed alle enormi responsabilità personali di chi si carica di queste colpe.

Infine una lettura di “politica”, in qualche modo – rara avis, in materia – confortante: L’Europa è finita? di Enrico Letta e Lucio Caracciolo, Add Editore. Si tratta di un pacato dialogo sui mali e sulle prospettive dell’ Europa, a valle della crisi che ha scosso il mondo nel biennio recente. La divergenza di opinioni non verte tanto sulla diagnosi dei (numerosi) mali, condotta dagli autori con diversi accenti ma con sostanziale comunanza di vedute; ma, piuttosto, sulle prospettive della crisi, che, secondo Letta, provoca a coraggiosi passi in avanti di storica portata politica e che, da parte sua, Caracciolo mostra invece di temere grandemente come possibile fonte di ulteriori fallimenti. Non ha nessuna importanza il fatto che io condivida in larghissima parte le argomentazioni di Enrico Letta ed, invece, ritenga quelle di Caracciolo frutto di anni di incuria dell’immagine dell’Europa presso i cittadini dell’Unione: troppe volte abbiamo sentito, nel totale silenzio dell’Europa, politici italiani di dubbia ispirazione politica, addebitare furbescamente, con ammiccanti allusioni proprio ai “vincoli” che l’Europa ci impone, quelle poche misure di elementare ma dolorosa saggezza che si sono trovati, senza loro merito, a dover adottare per “restare in Europa”! Troppe volte abbiamo assistito – e non solo in Italia – allo svuotamento di qualità di ogni rappresentanza politica europea, causata dall’insensata selezione degli aspiranti rappresentanti del Paese appunto in sede Europea! Troppe volte abbiamo sentito banalizzare le scelte della Commissione come espressione delle burocrazie di Bruxelles!

E’ invece assai più importante – e non a caso ho parlato di una lettura confortante! – il fatto che il tema coraggioso degli ulteriori passi in avanti da fare in termini di integrazione e di cessioni di sovranità nazionali sia stato enunciato da un politico autorevole che potrebbe farne un tema d’elezione e di distinzione, nell’ italico fastidioso vociare di identici neopopulismi, in vista del rutilante concerto di diseducative retoriche politiche che, temo, caratterizzerà il prossimo, lungo periodo preelettorale. Tema difficile ed insidioso, intendiamoci bene, anche perché esso postulerebbe una risonanza politica di dimensione europea. Ma, almeno, tema politico alto ed adeguato alla situazione dell’Italia: l’Italia ha bisogno di un ricostituente anche culturale per uscire dalla sua lunga e profonda crisi, prima che politica appunto culturale; e l’Europa, mi pare, è l’unica che possa somministrarglielo, anche a costo di venirne fuori meno Italiani (però anche meno furbi, meno evasori fiscali, meno grossolani, meno familisti, meno corrotti, etc).

Ad Enrico Letta auguro di avere energie e coraggio per fare di questo tema la sua etichetta politica! E agli italiani di saperla far propria a dispetto dei gorgoglii delle pance. Quanto all’Europa, vedremo che cosa accadrà il 16 settembre, quando Germania e Francia dovranno fare i conti con le diverse velocità delle loro economie e con le diverse visioni della governance comunitaria nel contesto del dopo-crisi (noi, di sicuro, sapremo elargire saggi consigli!).