Secondo il rapporto UNICEF, OMS, UNAIDS e UNFPA “Children and AIDS: A Stocktaking Report”, sono stati 370.000 i bambini colpiti di AIDS nel 2007 nei paesi in via di sviluppo. In Lesotho, Swaziland, Zimbabwe e Sudafrica la maggior parte dei bambini è rimasta orfana a causa dell’AIDS. Diagnosi precoce e cure tempestive possono migliorare significativamente le aspettative di vita dei neonati esposti al rischio di contagio da Hiv. Infatti, i neonati sieropositivi a cui viene diagnosticato tempestivamente il virus e che iniziano le cure entro la dodicesima settimana di vita hanno il 75% in più di possibilità di sopravvivenza. Tuttavia, nel 2007 meno del 10% dei neonati nati da madri affette da Hiv ha effettuato il test prima dei due mesi di vita. Prevenire nuovi contagi tra le donne è la prima linea di difesa per prevenire il contagio tra i neonati. Gli interventi di prevenzione hanno praticamente annullato la trasmissione di Hiv da madre a figlio in Occidente. E? fondamentalmente una questione di soldi, di investimenti.
L?UNICEF ha quindi lanciato una campagna denominata le “Quattro P”, dove P significa fondamentalmente prevenzione e protezione, per ? esigere ed ottenere l’utilizzo del preservativo? nei rapporti sessuali, come si legge nel comunicato di lancio della campagna e che, ovviamente, non si basa solo su questo, ma cerca anche di intervenire ?culturalmente? sul fenomeno. Ma di fronte all?emergenza, si sa, le modifiche culturali e comportamentali, hanno tempi drammaticamente asincronici con la diffusione del morbo.
Lo sanno i medici, lo sanno i tanti volontari che giornalmente dedicano tempo e impegno sul campo, lo sanno (lo sapevano) i 2,7 milioni di morti per HIV del 2007, i 2,9 nuovi contagiati, i 33 milioni di persone già contagiate (dati del ?2008 Report on the global AIDS epidemic? delle Nazioni Unite). Evidenzia, tra l? altro, quest?ultimo studio, come ?In Ruanda, Zimbabwe, Burkina Faso, Camerun, Etiopia, Ghana, Malawi, Uganda e Zambia, il cambiamento delle abitudini sessuali e il maggior uso del preservativo ha provocato un sensibile calo nel numero di nuovi infetti da Hiv.?. In Africa, il 60% delle persone affette da Hiv sono donne, percentuale che sale al 75% tra i giovani. Conclude lo studio che, sebbene gli aiuti internazionali per la lotta all’Aids nei Paesi a basso e medio reddito, negli anni siano notevolmente aumentati, occorre un maggiore impegno economico per centrare l’obiettivo dell’accesso universale alla prevenzione e al trattamento entro il 2010? In particolare, la battaglia per bloccare e invertire la diffusione dell?Aids richiede un impegno duraturo e diversificato, capace al contempo di garantire alle persone affette da Hiv l?accesso ai trattamenti antiretrovirali, di superare le disuguaglianze di genere e di promuovere l’istruzione?.
Per quanto riguarda la diffusione del morbo a seguito di rapporti sessuali ?l?uso corretto del profilattico può annullare il rischio di infezione durante ogni tipo di rapporto sessuale con ogni partner. Nei rapporti sessuali il preservativo è l’unica reale barriera protettiva per difendersi dall’Hiv? come scrive e consiglia il Centro Nazionale di Epidemiologia dell?Istituto Superiore della Sanità.
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Dall?intervista al Santo Padre:
?Direi che non si può superare questo problema dell?Aids solo con soldi. Sono necessari, ma se non c?è l?anima che li sappia applicare, non aiutano, non si può superare con la distribuzione di preservativi: al contrario, aumentano il problema.
La soluzione può essere solo una duplice: la prima, una umanizzazione della sessualità, cioè un rinnovo spirituale e umano che porti con sé un nuovo modo di comportarsi l?uno con l?altro, e secondo, una vera amicizia anche e soprattutto per le persone sofferenti, una disponibilità, anche con sacrifici, con rinunce personali, per essere con i sofferenti. E questi sono i fattori che aiutano e che portano con sé anche veri e visibili progressi?.
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Strano che né le Nazioni Unite e l ?UNICEF, nei loro ultimi Rapporti, nè l?istituto Superiore della Sanità non abbiano mai pensato che l?AIDS si supera con l?umanizzazione della sessualità e con una vera amicizia. E anzi si siano soffermati a considerare l?AIDS come malattia endemica delle disparità socioeconomiche in cui versano i Paesi in via di sviluppo e abbiano lamentato gli ancora insufficienti finanziamenti nel campo del potenziamento medico e dei medicinali (ma suvvia l?AIDS non si supera coi i soldi!). Per non parlare poi dei preservativi considerati come il più efficace strumento di prevenzione attualmente disponibile (forse non immaginano invece che i preservativi aumentano il problema!).
Anche io pensavo che i giornali avesse mal interpretato le parole del Papa. Poi ho letto l?intervista completa e la ritengo molto più grave degli incisi riportati nei commenti giornalistici. Ma le parole scritte sono pietre e non basta ipotizzare, come ha fatto Letizia Ciancio, posizioni del Papa mai espresse ( ? ? Dubito che lo stesso Papa la pensi diversamente… Mi pare tuttavia che Egli abbia voluto intendere ?. . Forse per evitare tutta la polemica sarebbe bastato aggiungere una parolina, ovvero che “l’aids non si risolve SOLO con l’uso del preservativo, ecc.”.
Questo sì che è interpretare!
Certo, se ci fosse stata la fatidica parolina ?SOLO?? il senso sarebbe stato tutt?altro, ma la parolina non c?è nell?intervista. E l?intervista è stata tratta direttamente e fedelmente da quella uscita dal Vaticano. Figuriamoci se prima di uscire con tutti i crismi dell?ufficialità non sia stata soppesata parola per parola (come anche il tipo e il testo della domanda)! Quindi il pensiero del Papa non né più né meno che quello che si evince dal testo. Ovvio lo sconcerto! Ovvio l?attacco della comunità scientifica come la critica di Lancet, una delle più prestigiose riviste scientifiche del mondo.
Si dirà: ?ma la dottrina della Chiesa, il suo ruolo di guida morale sono diversi dal ruolo delle Nazioni Unite e da quello dell? Organizzazione Mondiale della Sanità. La Chiesa non offre soluzioni mediche ma vie d?uscita etiche al problema?. Ma allora perché nelle poche righe di un?intervista soffermarsi a stigmatizzare l?uso del preservativo, cioè l?unico efficace strumento di prevenzione sanitaria universalmente riconosciuto? Se si travalica il campo etico e si entra in un campo specificamente medico-sanitario la risposta della comunità scientifica non può che essere molto ferma e dura, soprattutto quando , come con l?AIDS, siamo di fronte ad un problema emergenziale, che, denigrando il più efficace strumento di prevenzione (già difficilmente acquisito per motivi culturali dalle varie etnie africane) si rischia di vanificare sforzi decennali col solo risultato di raggiungere altri record di morti.
E? parso quindi a tutti (tutti coloro che si muovono da presupposti laici) lo scollegamento tra le parole del Santo Padre e la drammatica situazione africana. Ma queste posizioni non trovano consenso neanche tra i cattolici praticanti. Come evidenzia Ilvo Diamanti in un suo recente intervento su Repubblica (?Biotestamento e preservativo. Gli italiani bocciano il Papa?) il 70% dei cattolici praticanti italiani (sondaggio Demos) è contrario alle posizioni espresse dalla Chiesa sui problemi etici (percentuale che sale all? 80% se si considera la popolazione senza la discriminante della preferenza religiosa) . Questa incapacità ad interpretare il senso etico comune dovrebbe far riflettere.
Ma qui entriamo in un terreno minato e complesso che apre orizzonti filosofici di varia natura, forse riassumibili in una sola duplice domanda: ha ancora senso un?etica autonoma, scollegata dalla realtà, così come una realtà senza etica? Ma lasciamo perdere.
Per ritornare al problema drammaticamente più reale dell? AIDS, il collegamento tra etica (cattolica) e realtà (in questo caso africana) è ben esplicato in un articolo denso di spunti, che consiglio di leggere per intero (ringrazio Amedeo Piva di avermelo proposto) apparso tre anni or sono su Civiltà Cattolica (2006, II, 261-274 Quaderno 3741) dal titolo: AIDS: la maggiore minaccia per l?Africa dai tempi del traffico degli schiavi di p. Michael F. Czerny. L?autore affronta il problema dell?AIDS partendo dal concetto di ?salute?espresso da Giovanni Paolo II nel Messaggio per la Giornata del malato (2005) secondo cui la salute è piuttosto un bene sociale condiviso, e un altro termine per indicarla potrebbe essere ?giustizia? . Da qui nello svolgimento delle sue argomentazioni l?autore accentua molto il fatto che la lotta dell?AIDS sarà vincente solo quando si riuscirà a combinare con una lotta contro ?il marchio di infamia e la discriminazione? che porta con sé la malattia, un forte intervento culturale quindi che modifichi falsi valori o ataviche concezioni dei rapporti sociali, coniugando il tutto ad un forte impegno alla lotta alla povertà. (come hanno infatti riconosciuto i vescovi africani, secondo i quali ?il virus si sviluppa in modo direttamente proporzionale alla povertà?). Anche in quest?articolo c?è una supposta superiorità e centralità di partenza della morale cattolica (?la morale cattolica, lottando per l?ideale della totale donazione di sé, fungerà da guida?) che dovrà orientare le popolazioni africane verso ?giusti? comportamenti sessuali, centralità e superiorità che ovviamente non condivo (mentre condivido alcuni forti richiami contro il consumismo occidentale dove anche il sesso rischia di divenire merce).
Ben più dense sono le conclusioni proposte nell?articolo dal Padre gesuita, che voglio citare in maniera più prolungata.
I ministri della Chiesa, nella loro lotta contro l?Aids, hanno bisogno di coordinarsi meglio con ogni sforzo per sradicare la povertà, combattere il male e sostenere lo sviluppo umano: a) essendo certi che ogni uomo, donna o bambino debba soddisfare i suoi bisogni nutrizionali fondamentali; b) procurando un?adeguata cura della salute di base, infrastrutture idonee e veramente accessibili; c) fornendo personale alle cliniche e ai centri per la salute e approvvigionandoli adeguatamente con i farmaci essenziali; d) offrendo a ogni bambino e ad ogni adolescente un?educazione di base di qualità; e) assicurando acqua non inquinata e servizi igienici per tutti; f) aumentando l?occupazione??..
Per combattere l?Aids in maniera responsabile, dobbiamo insegnare il rispetto per il sacro valore della vita e il corretto approccio alla sessualità. Ma fare questo senza considerare le condizioni spesso estremamente difficili in cui vivono le persone in Africa significherebbe insistere sempre sulle buone intenzioni e sul solo potere della volontà, trascurando quelle forze e quelle strutture che opprimono letteralmente i poveri. Allora si cadrebbe nel moralismo senza fare nulla di positivo. Perciò, che li si chiami riduzione della povertà, sviluppo sostenibile, sfide del Millennio o lotta all?Aids, si tratta sempre degli stessi obiettivi: la speranza è che la Chiesa in Occidente sia in grado di seguire la Chiesa in Africa nella lotta per la giustizia e la sconfitta dell?Aids.
Quanto di queste posizioni problematiche, condivisibili anche da un laico integralista come me, emerge dall?intervista del Papa? E? solo questione di poco spazio e di poco tempo? O di diversi convincimenti? Non si poteva dire di più e meglio focalizzando l?intervista su parole-chiave come ?lotta alla povertà?, ?sviluppo sostenibile? , senza pronunciare affatto la parola: preservativo, come se questo fosse il ?solo e vero ? problema e non un mezzo per attenuare il problema?
E? possibile più in generale dissentire dalle parole del Santo Padre senza sentirsi rinfacciare di essere anticlericale, su questo come su altri argomenti, quali la fecondazione assistita o il testamento biologico, ad esempio?
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Pochi giorni fa l?attrice Natasha Richardson, ha un grave incidente sugli sci e rimane in coma irreversibile. La madre, l?attrice Vanessa Redgrave, e il marito, l?attore Liam Neeson, di comune accordo, decidono di porre fine a quest?inutile protrarsi della vita della loro cara e i medici staccano la spina. Sono passati tre giorni (tre!) dal grave incidente, non 19 anni come nel caso Englaro. Nessuno ha dato dell? ?assassino!? ai familiari, nessuno ha invocato la sospensione di questa angosciosa decisione, nessuno ha organizzato cortei di protesta o acceso candele davanti alla clinica o minacciato i medici di espulsione dall?ordine. Il tutto è stato vissuto -e racchiuso- nell?angoscia privata dei familiari più stretti.
Mi chiedo: ma i principi etici non sono universali? Proprio perché ?principi? non dovrebbero travalicare i confini e riguardare ogni individuo, ogni essere umano?
Non dovrebbero porsi su un piano filosofico metastorico?
Perché dal mondo cattolico nostrano, Vaticano compreso, non si è alzata neanche una voce di protesta contro Vanessa Redgrave o Liam Neeson?
Perché solo per il caso Englaro la Cei ha affermato che si è messa in moto “una operazione tesa ad affermare un ‘dirittò di libertà inedito quanto raccapricciante, il diritto a morire??
Forse questi principi etici sono talmente universali da non poter superare i confini italiani?
Questo sì che è relativismo (geografico)!
Di fronte a comportamenti così disomogenei non si può tacere, o sempre giustificare, ma occorre dissentire apertamente (certo con argomentazioni e non aprioristicamente) per proteggere la laicità dello Stato.