Sul finire dell’anno passato mi ero permesso di suggerirvi un proponimento per l’anno nuovo: sorvegliare il nostro linguaggio e rifiutare fermamente quello esagerato, drammatico, semplificato e banalizzante che ci viene proposto quotidianamente, dall?una e dall?altra parte, nel riferire fatti, nel commentare eventi di cronaca, nel discutere di politica o di problemi sociali o religiosi e economici. Poi, verso febbraio, avevo integrato il proponimento suggerendo anche un esercizio di igiene mentale: auto-controllare il proprio pensiero proteggendolo dagli emozionismi.

Non so come siano andati questi primi esercizi di ascesi civile per coloro che avessero aderito alle mie proposte; per quanto mi riguarda, devo confessare che forse un paio di volte (sicuramente una!) sono venuto meno al mio stesso proponimento iniziale (quello sul linguaggio), ma effettivamente quest’anno sono accadute cose che per la loro grossolanità hanno messo a dura prova anche i migliori propositi. Faremo/ farò meglio, spero, nel 2010.

Però, per progredire veramente, mi permetto di suggerirvi, per il 2010, un nuovo esercizio di ascesi civile, da praticare lungo tutto l’anno nuovo ed oltre per fare, pusillus grex, un ulteriore passo verso la costruzione di una nuova civiltà, sulle ceneri di quella ormai al tramonto.

La proposta è questa: combattiamo i ciarlieri! Ovviamente questo significa, prima di ogni altra cosa, combattiamo anche la nostra involontaria propensione a risultarlo, talora; propensione che non può non contagiare anche chi fosse naturalmente dotato delle più serie intenzioni ma si trovi a vivere in mezzo al morbo mortale del chiacchierume che divampa ormai da tempo nel nostro Paese, la perfetta Chiacchieropoli.

Il chicchierume consiste nel forsennato dilagare (prendo a prestito un termine usato da De Rita, forse dilatandolo un po’) dell’opinionismo, cioè del malinteso senso di rispettabilità che tendono ad assumere le opinioni di tutti su tutto.

Per farsene un’idea, basta accendere la radio su uno dei tanti programmi in dialogo con gli ascoltatori o la televisione sui programmi aperti al pubblico o collegarsi ad uno dei tanti blog su internet o, più semplicemente, allo spazio dei commenti dei lettori che la maggior parte dei giornali elettronici aggiungono in calce ad ogni notizia: è con pochissime eccezioni un’ autentica fiera del facile, dell’ignoranza, del rancore, della superficialità, della grossolanità, del becerume; e nessuno anche qui ci sono lodevoli eccezioni – che dica, magari per carità! con espressioni più appropriate, ciò che sarebbe doveroso dire: sta’ zitto, imbecille! No, anzi, per dovere di political correctness, ci si affanna a ripetere che tutte le opinioni sono rispettabili e, quindi, a costruire l?edificio dell’opinionismo, simbolico monumento che incombe sulla piazza di Chiacchieropoli.

Ovviamente c?è chi ritiene che l’opinionismo, inteso nel senso sopra detto, sia parte integrante del vivere democratico, una specie di componente essenziale della libertà di parola e di pensiero; non si può non essere d’accordo, ma a patto che la libertà di parola sia il frutto dalla libertà di pensiero, nel senso che a questo (il pensiero) quella (la parola) consegua: ovvero, come insegnavano le nostre mamme, prima pensa poi parla! E il pensare è questione faticosa, cui volentieri ci si sottrae quando si ama troppo il suono della propria voce; il pensare richiede silenzio, richiede studio, richiede tempo, richiede conoscenza – non frettolosa- di fatti, di circostanze, richiede equilibrio di valutazioni, richiede senso critico, richiede talora sano scetticismo in ordine a ciò che appare; richiede insomma tutta una serie di virtù che l’uomo ciarliero (l’Homo garrulus, secondo una mia antropologia tutta personale) aborrisce, innamorato com?è dei suoni e degli effetti che tali suoni possono suscitare. E poi, Chiacchieropoli ha i suoi ritmi, la sua vita è pulsante, bisogna partecipare con prontezza al cicaleccio; chi non partecipa, chi si ferma a pensare, chi osa dire “non so” o “dovrei pensarci” o “non ho gli elementi per maturare un’opinione” è perduto, è squalificato, è noioso.

Ebbene, noi non potremo, da soli e quand’anche condividessimo in pieno queste considerazioni, cambiare l’atmosfera rumorosa di Chiacchieropoli: ma, insieme, se siamo d’accordo, almeno tentiamo! Cominciamo coll?andarcene quando dopo una conferenza si passa a raccogliere le opinioni degli uditori; cominciamo col cambiare canale quando ci sono talk shows (espressione questa veramente rivelatrice del senso di questi spettacoli del parlare!) o quando, durante una trasmissione, si ascoltano le false domande dei falsi ascoltatori (in realtà veri aspiranti parlatori); cominciamo col non votare i politici troppo ciarlieri (avete notato la comunanza lessicale fra ciarliero e ciarlatano?), cominciamo con il mostrare apprezzamento per chi dice “non so” o “devo pensarci”. E allora, chissà?, mai perdere la speranza!

Sarà un esercizio difficile, se vogliamo farlo nel 2010,ci sono di mezzo anche le elezioni!

Buon anno a tutti! Abbasso l’Homo garrulus!