La manovra del Governo sta suscitando grandi interessi e vive preoccupazioni a più livelli.

Non pongo neanche in dubbio il doveroso taglio alle indennità indicato dell’esecutivo: attendiamo al più presto che siano comunicate  le decisioni del parlamento.

Questa settimana vi propongo allora una provocazione “a bocce ferme”.

Il provvedimento della manovra che prevede la gratuità delle cariche elettive territoriali non descritte dalla Costituzione, ha fatto gridare tante persone impegnate ogni giorno in politica – consiglieri municipali, presidenti di municipi – alla “fine della democrazia”. Una forma di retribuzione, diceva infatti ieri la deputata Sereni a proposito dell’indennità dei parlamentari, “è stata immaginata proprio perché anche uno che non è ricco di famiglia possa fare politica”.

E se invece questa “nuova austerità” imposta dai tempi fosse anche un’opportunità e non solo una terribile iattura?

Forse quella cui stiamo assistendo è infatti solo la fine di un modello possibile  – ormai superato – di concepire la politica, quella incentrata, per capirci, sui partiti degli apparati e dei funzionari.  L’organizzazione che Fanfani seppe dare alla Democrazia Cristiana e che gli permise nel 1954 di sconfiggere De Gasperi.

Mentre le attuali ristrettezze ci spingono oggi a recuperare un’altra forma di organizzazione, che potremmo definire, ripescando una vecchia espressione,  il “partito liquido” di veltroniana memoria. Un esperimento fallito miseramente allora, perché bruciato dalla logica perversa del “ma anche”: fluidità organizzativa sì, ma anche mantenimento in toto dell’apparato dei funzionari…

Oggi più che mai abbiamo bisogno invece di una forma partito in grado di dare voce all’associazionismo, ai tanti fermenti positivi che animano il Paese. Potrebbe essere proprio questa la vera risposta all’incapacità pluriennale della politica di farsi espressione delle reali esigenze del nostro territorio.

Il modello che potremmo rilanciare è insomma quello degasperiano della politica aperta ai movimenti e davvero al servizio del popolo.  “E il popolo vuol dire – diceva De Gasperi in un discorso del ’47 – il popolo come vive organicamente nel suo Paese, nelle sue società, nei suoi focolari, nelle sue città. Non il conglomerato posticcio improvvisato su di una piazza”.

Che ve ne pare?

Buona settimana.

Amedeo Piva