“Che cosa può accadere a una società democratica quando diventa imbarazzante augurare ai giovani «buon lavoro»? “ si chiede P. Francesco Occhetta, gesuita, in un saggio in uscita nel prossimo numero de La Civiltà Cattolica.
Nel suo saggio P. Occhetta fa riferimento ad alcuni elementi che possono far sperare in un miglioramento della situazione: il programma quadro varato dall’Unione Europea (Youth Guarantee) per contrastare la disoccupazione giovanile e il fenomeno della cosiddetta “Neet generation”, i primi esperimenti di “thick labor market” per consentire ai giovani di sperimentare brevi esperienze lavorative in combinazione con l’impegno scolastico, ma è davvero poca cosa di fronte al problema e alle sue dimensioni.
P. Occhetta ricorda che “Renzi, nel discorso pronunciato al Senato il 24 febbraio 2014 per ottenere la fiducia, aveva promesso una riforma del lavoro entro il mese del marzo” ma il cosiddetto Jobs Act ha finora provocato più conflitti che cambiamenti, senza peraltro tracciare una strada chiara verso cui avviarsi.
Tornando alla domanda iniziale: io non lo so cosa può accadere ad una società democratica in cui i giovani non trovano lavoro e -ma non è colpa sua- non lo sa neppure P. Occhetta. Di certo non può accadere nulla di positivo ed è evidente il rischio che il problema da economico diventi più ampio, incidendo -come già avviene- sul progetto di vita di un’intera generazione.
Non ho, ovviamente, la risposta in tasca, ma è su questo problema che si gioca il futuro e dobbiamo essere disposti a pagare qualsiasi prezzo -per alto che sia- per la sua soluzione.
Non vorrei tra qualche anno assistere a manifestazioni contro l’emigrazione clandestina.