Si chiama Big Society il modello di intervento sociale messo a punto dal nuovo governo conservatore britannico per fronteggiare lemergenza nel quadro della crisi economico finanziaria mondiale. Gli Stati sono costretti a ridurre le spese, tagliare il welfare, ed allora ecco una ricetta fatta di decentramento, introduzione di un Servizio Nazionale del Cittadino (rivolto ai giovani perché possano sviluppare una cittadinanza attiva e responsabile), creazione di cooperative, charities, mutualità, imprese sociali, e soprattutto creazione di una Big Society Bank. Questa sarà alimentata con i fondi ottenuti dai conti correnti dormienti da almeno 15 anni e una dotazione iniziale di 300 milioni di euro con i quali finanziare lassociazionismo per gestire trasporti pubblici, raccolta dei rifiuti, conservazione del verde, accesso alla banda larga internet e perfino gli uffici postali.
Sorvolando sulla congruità delle risorse messe a disposizione per un progetto tanto ambizioso, lipotesi è stata presentata da Bill Emmott (economista, già direttore di Economist) lo scorso 25 novembre al convegno Lesigenza di una Big Society in Italia promosso dalla Fondazione Roma in collaborazione con il Censis.
In Italia il progressivo trasferimento di funzioni dal centro alla periferia ha prodotto alcune conseguenze negative: logiche poliarchiche e centrifughe, minori capacità di intervento e di efficacia decisionale, sfrangiamento dei confini tra responsabilità pubbliche e private.
Secondo molti degli interventi, pur riconoscendo una positività alla proposta inglese, lItalia ha poco da imparare, avendo alle spalle una lunga tradizione di associazionismo e volontariato, una forte connotazione comunitaria a livello di appartenenza locale: questo nuovo modello non è, per noi, così nuovo. Una big society italiana già cè, anche se non ha mai avuto reale voce politica Il quadro tradizionale, però, comincia ad incrinarsi. Emergono, nellanalisi di De Rita, nuove comunità di rattrappimento nel rancore e negli egoismi territoriali , un affievolirsi del civismo e del rispetto delle regole. E in vista una crisi non solo economica, ma anche sociale.
Associazionismo e volontariato in Italia giocano un ruolo importante. Secondo una ricerca Censis del 2010 il 26,2% degli italiani svolge attività di volontariato, tre quarti dei quali con regolarità. Il 40% lo fa al fine di promuovere solidarietà e altruismo, il 30% desidera svolgere un ruolo utile per incentivare la politica ad occuparsi delle categorie più deboli, il 36% sottolinea la possibilità di offrire più servizi per tutti. Il 3,3% dichiara molto sinceramente di cercare loccasione per accedere ad opportunità di lavoro in un settore in espansione in cui sono attualmente impiegate 5/600.000 persone.
Tutti gli interventi hanno affermato lesigenza di rivedere e/o meglio qualificare il principio di sussidiarietà previsto dallart. 118 della Costituzione. Grandi e unanimi critiche ai tagli al 5 per mille.
Cornetto Bourlot, presidente UCID Roma, ha riproposto il punto di vista imprenditoriale secondo lo Stato deve soltanto creare le condizioni per gli interventi, senza essere pervasivo. Se le imprese sociali, finanziate dal pubblico, fanno profitti, ciò significa che quei contributi non sono calibrati correttamente.
Secondo Cristina De Luca, presidente COGE-Lazio, bisogna invece evitare che il volontariato sostituisca lo Stato. La legge del 2000 sulle politiche sociali ha riconosciuto il ruolo del terzo settore, innescando però un rischio di mutua convenienza: il pubblico chiede di fornire servizi a basso costo al privato sociale, che trova così un elemento fondamentale della propria sussistenza. Bisogna analizzare i processi di trasformazione che il volontariato ha subìto negli ultimi anni, vederne luci e ombre, anche le possibile strumentalizzazioni a fini elettorali, riordinare la normativa, spesso contraddittoria. Il volontariato da parte sua deve fare una riflessione sulle proprie dimensioni organizzative, perché non deve diventare impresa.
In chiusura gli interventi più politici. Anche per Francesco Rutelli lo Stato deve fare un passo indietro, limitarsi a stabilire le regole. Ci aspettano tempi duri e di scarse risorse, a breve lEuropa ci chiederà una drastica manovra per il rientro del debito pubblico che nessuno dei due schieramenti politici da solo è in grado di affrontare, e propone una stagione di convergenze e responsabilità, evitando avventure elettorali.
Con un intervento politico nella sostanza, anche se non nella forma, Luca di Montezemolo ha tirato le conclusioni del convegno, compito che sarebbe spettato al Ministro Brunetta, che però non si è fatto vedere. Ha riproposto di rimetter mano allart. 118 della Costituzione, ma come imprenditore ha deluso chi si aspettava qualche nuovo accenno nel campo della responsabilità sociale dellimpresa. La R.S.I. Ferrari è fatta di asili nido, buoni-libro, campi estivi (insomma, tutto quello che facevano i vecchi dopolavoro) e poi Telethon, ereditata da Susanna Agnelli, iniziativa di grandissimo impatto ed efficacia, che però non sembra presentare grandi elementi innovativi.
Sempre grati alle analisi del Censis, curiosi di ampliare lo sguardo al di fuori dei nostri ristretti confini nazionali, quando mai riusciremo ad ascoltare qualcosa di nuovo sotto un debole sole romano subito cancellato dalla pioggia?