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“Caro Marziano” è un format di brevi puntate preserali trasmesse da Rai3 durante le quali Pif -pseudonimo di Pierfrancesco Diliberto che ne è autore e conduttore- illustra situazioni di genere molto diverso: talvolta tradizioni locali, talvolta particolari contesti sociali, talvolta curiosità culturali. Il titolo della trasmissione è dovuto al suo format che presenta ogni puntata come se fosse una lettera indirizzata ad un ipotetico “marziano” che nulla sa di quanto avviene su questo pianeta. La scorsa settimana tre puntate consecutive sono state dedicate alla drammatica situazione in cui si trovano, a Trieste, centinaia di migranti arrivati -attraverso la cosiddetta “rotta balcanica”- nel nostro paese al quale chiedono protezione internazionale.
Siamo abituati ad immaginare l’arrivo dei migranti in Italia attraverso il mare, ma non è questa l’unica modalità: la rotta balcanica è il percorso che molti -per la maggior parte provenienti da Afghanistan, Iran, Pakistan e Bangladesh- compiono nel tentativo di raggiungere l’Europa: una rotta costellata da violenze, torture, respingimenti e restrizioni arbitrarie. All’interno di questo percorso, Trieste rappresenta una tappa importante, ma spesso -abbandonati a loro stessi- i migranti sono costretti a vivere in condizioni terribili e ad affidarsi all’impegno della rete solidale che si è organizzata per rispondere ai loro bisogni essenziali. Ho trovato le tre puntate di “Caro Marziano” molto efficaci nella descrizione della situazione e -soprattutto- nelle interviste alle persone coinvolte (QUI il link alla terza puntata).
Nello stralcio di un suo articolo, lo stesso autore della trasmissione -con pungente ironia- spiega al “marziano” cosa ha visto. Lascio a lui la parola:
«Caro Marziano, sono andato a visitare i Silos di Trieste. Vecchi ed enormi magazzini abbandonati, accanto alla stazione. Nonostante il fango, la pioggia che entra dentro, i topi e il freddo, ci abitano circa 300 persone, per due, tre mesi. In un posto dove nessuno che conosco farebbe dormire il proprio cane, neanche per una notte.
Ti chiederai chi è che vive in questo posto. Ti spiego: molte persone dei Paesi dell’Est, molto lontani come l’Afghanistan, il Pakistan, l’Iran, per povertà o per sfuggire dalla guerra o situazioni violente, sono costrette ad emigrare. Usano tanti mezzi per spostarsi, ma la maggior parte del tragitto lo fa a piedi.
Ogni volta che devono attraversare un confine, il più delle volte devono affrontare polizie molto violente. Vanno avanti, comunque, perché non hanno altra scelta. Esausti giungono fino al nostro Paese.
Il problema è che una volta fatta la domanda d’asilo, devono aspettare circa due, tre mesi per avere una risposta, perché la nostra burocrazia ha, coerentemente con i nostri valori cristiani, tempi biblici.
Nonostante la legge che prevede immediata ospitalità, non essendoci le istituzioni ad accoglierli, sono costretti a vagare per la città durante il giorno e dormire la notte nei Silos. In tenda quando va bene. Sopravvivono grazie a persone di buona volontà che curiosamente, spesso, non credono neanche in Cristo.
Io, invece, li ho cercati i nostri valori cristiani dentro i Silos. Ho ravanato nel fango, ho aperto tende, ho svegliato gente che dormiva sui cartoni, ma nulla. Nessuna traccia di questi valori cristiani. Nei Silos c’è Cristo, ma non ci sono i valori cristiani.
Abbiamo la fortuna di toccare con mano Cristo, ma preferiamo vederlo nelle sue rappresentazioni: nei presepi, nel crocifisso, nei rosari, che arriviamo persino a baciare. È come se mi trovassi davanti Jennifer Lopez che mi invita a baciarla, e io dicessi: “No, grazie, preferisco il poster!”.
Io, Caro Marziano, non so se esiste Dio, ma se esiste ed è come ce lo hanno raccontato, ci punirà per aver smesso di amarlo. E per punizione ci manderà a vivere all’inferno. E l’inferno sarà come i Silos di Trieste.»
(da: Pif, “Caro Marziano, ti racconto il nostro Paese”, Repubblica del 13/02)