Cioè?
Ora la mia domanda è questa. Cosa succede quando una cosa non svolge più la sua funzione? E’ sempre quella cosa oppure diventa qualcos’altro? Se lei lacera la tela dell’ombrello, quest’ultimo è ancora un ombrello? Spiega i raggi, se li pone sopra la testa, esce sotto la pioggia e si bagna. E’ possibile persistere a chiamare questo oggetto ombrello?" (P.Auster, Città di vetro) Una domanda tutt’altro che retorica, un dubbio quanto mai attuale: quando parliamo o sentiamo parlare di “democrazia”, “partecipazione”, “inclusione”, “libertà”, “diritti”, “giustizia”, “mercato”… utilizziamo parole che -lo diamo per scontato- rimandano a significati noti e identici, rispetto ai quali si può essere più o meno d’accordo, avere opinioni concordi o discordi sulle scelte politiche ed economiche necessarie a perseguirli, ma -proprio per questo- non mettiamo in dubbio che stiamo discorrendo del medesimo oggetto. Ma è proprio così?
ASCOLTA L'ARTICOLO QUI La scorsa settimana è morto Paul Auster, uno dei più apprezzati scrittori americani, e vorrei prendere spunto da una sua considerazione per riflettere su una delle insidie più preoccupanti che mina dall’interno la nostra possibilità di capire, capirci e agire. In uno dei suoi primi romanzi (Città di vetro) uno dei [...]