Sempre più spesso mentre scorro i titoli dei giornali o ascolto il sommario dei TG ho l’impressione di trovarmi di fronte a una vetrina già apparecchiata. L’esigenza di informarci e capire cosa sta succedendo (i fatti, le cause, le prospettive) rischia di trasformarsi nella fruizione passiva di un prodotto che seleziona e confeziona le notizie in modo da sollecitare soprattutto l’emotività e finisce che quello che apprendiamo, di cui parliamo, per cui ci emozioniamo… non dipende più dalla rilevanza obiettiva delle notizie o dalla priorità che noi decidiamo di assegnare loro, ma piuttosto dalla efficacia della loro confezione.
Non penso ad una regìa pilotata da oscuri complotti, piuttosto ad una strategia che ha come priorità il tenere alta e agganciata la nostra attenzione che è la vera posta in gioco. Quasi senza accorgercene non siamo più noi a decidere di cosa vogliamo davvero occuparci o preoccuparci: una vetrina sempre nuova ci propone ogni mattina merce fresca che sarà già vecchia tra qualche giorno, abituandoci così ad una informazione epidermica con buona pace dell’approfondimento delle cause e delle conseguenze.
Questa settimana è di scena l’Ucraina, raccontata come una partita di risiko (missili ipersonici, sottomarini nucleari, telefonate cruciali nella notte…) che seguiremo con ansia pari a quella dedicata alle ultime vetrine precedenti: l’elezione del presidente, il festival di Sanremo, l’incremento “esponenziale” dei contagi, l’inverno con temperature “epocali”.
Ma dove sono finiti i diecimila rifugiati incastrati da Lukashenko nella neve al confine della Polonia per ricattare l’Europa? Sono ancora lì? E gli edificanti episodi delle lanterne verdi lasciate la notte dai contadini polacchi per far trovare cibo e coperte? Non ci sono più? E soprattutto che fine hanno fatto le cause di quella situazione. Lukashenko è riuscito a silenziare l’opposizione interna? La UE -che aveva misconosciuto la sua ennesima rielezione del 2020- alla fine l’ha digerita? Volevamo davvero capire o solo emozionarci un paio di giorni per le lanterne verdi e i bambini congelati?
Ma dove sono finite le centinaia di migliaia di profughi fuggiti dalla Siria in guerra civile da undici anni? E quella guerra civile chi la sta vincendo: Bashar-Al-Assad o i suoi oppositori? Quali interessi erano e sono in gioco dietro a questo conflitto? Lo so, è ormai fuori vetrina… ma, in compenso, la nostra attenzione è stata catturata dalla bella foto di Mustafà, un bambino siriano di sei anni nato senza arti per l’uso delle armi chimiche, ritratto in braccio a suo padre con le stampelle perché mutilato dalle bombe. Grazie a quella foto Mustafà e la sua famiglia sono stati accolti in Italia in una casa messa a disposizione dalla diocesi di Siena. Certamente tutto molto bello ed emozionante… ma questo non è capire cosa sta succedendo in Siria, questa è una pagina del libro Cuore di De Amicis, una parabola edificante.
Ma davvero ci interessa sapere, approfondire, capire e -se possibile- interagire? Cosa chiediamo alla vetrina della settimana? Siamo a caccia di conoscenza o di emozioni? Di storie “forti” o di coinvolgimento? E’ normale ed è giusto che l’ammontare della bolletta del gas ci interessi più dell’approfondire perché è salito alle stelle o che le regole delle quarantene ci tocchino da vicino più della sorte della Siria: la bolletta del gas e le regole delle quarantene non hanno nemmeno bisogno della vetrina, sono informazioni di servizio, cose di cui ci dobbiamo occuparci per forza, non siamo noi a sceglierle e -anzi- preferiremmo non dovercene preoccupare.
Quello che dovremmo invece cercare con più convinzione è l’approfondimento delle cause, il superamento del singolo episodio, la messa a fuoco dei valori in gioco… dovremmo forse sederci a tavola e non limitarci a spizzicare al banco del buffet.