Nella trasmissione condotta e ideata dal giornalista Michele Santoro, ?Annozero?, del 14/09/2006, andata in onda su Rai due, sono emersi scenari inquietanti sull?argomento degli sbarchi dei clandestini sulle coste della Sicilia, in particolare sulla loro ?accoglienza? nel centro di permanenza temporanea (cpt) di Lampedusa. Un giornalista italiano dichiara di essersi infiltrato nel cpt, sotto le mentite spoglie di un clandestino iracheno e di avere assistito ai soprusi a cui sono soggetti quotidianamente questi poveri immigrati. I clandestini non solo vengono internati, senza aver commesso nessun reato penale, ma i cpt sono veri e propri lager, perché è impedito sistematicamente a giornalisti e rappresentanti del parlamento di rilevare le condizione di vita dei detenuti. Per questo la stampa italiana per svolgere la propria azione di denuncia ha sfruttato questa trovata creativa, ?fregando? di fatto le forze dell?ordine.
Nella denuncia del cronista è emerso uno scenario angosciante, gli immigrati sono soggetti a maltrattamenti e umiliazioni di vario tipo, come giacere sui propri escrementi, passare tra due fila di poliziotti per poi essere presi a schiaffi, calci e pugni e infine assistere ai loro saluti romani e discorsi del duce.
Uno scenario visto anche in altre occasioni, come nel caso del G8 di Genova del 2002, dove nella caserma di Bolzaneto, le torture ai cosiddetti ?comunisti? furono ben più pesanti. Per non parlare poi degli anni Settanta: storici e settori genuini della magistratura italiana hanno individuato forti legami tra il terrorismo di matrice fascista e nazista. Ricordiamo i famigerati Nar, nuclei armati rivoluzionari, i servizi segreti ?deviati? italiani e la Cia. Tornando ai giorni nostri, settori importanti dei servizi segreti sono stati protagonisti di intercettazioni telefoniche illegali e rapimenti di presunti terroristi, in disprezzo della legge italiana, la sola che li autorizzi a svolgere il loro ruolo. Ricordiamo anche i tanti casi di arresti a danno delle forze dell?ordine, per i motivi più diversi: furto, spaccio, ricettazione, ecc. Fino ad arrivare agli abusi di violenza che in più di una volta hanno portato a morti ingiustificate e che hanno visto protagonisti in negativo gli organi di pubblica sicurezza.
E? questo il caso di Federico Aldrovandi un giovane diciottenne morto la mattina del settembre 2005 a Ferrara. Il ragazzo dopo una serata passata in discoteca all?insegna dello sballo, con il consumo di alcool e droghe leggere, così come succede a tanti giovani della buona borghesia, viene fermato alla guida della sua auto da una pattuglia di due poliziotti. Il ragazzo non obbedisce agli ordini, i due cercano di bloccarlo, ma hanno la peggio, perché Federico conosce le arti marziali. Così la pattuglia chiama i rinforzi e sopraggiungono altri due gendarmi che lo circondano all?uscita di un vicolo cieco, vicino la casa della vittima. Aldrovandi troppo convinto delle sue forze, decide di affrontarli, ma ha la peggio, viene bloccato a terra e picchiato selvaggiamente. I gendarmi nella foga rompono due manganelli, uno di loro schiaccia a terra con il suo peso Federico, tenendo un ginocchio sulla sua schiena e il manganello sotto il suo mento in modo da bloccarlo.
Il giovane comunque può fare poco, perché ha le mani ammanettate dietro la schiena ed è disteso faccia a terra, con sopra l?energumeno. Federico grida aiuto, non riesce a respirare, una ragazza che passa lì per caso vede la scena. Poco dopo arriva il personale medico e trova il ragazzo riverso in una pozza di sangue, prono sull?asfalto, ammanettato e con il viso sfigurato. Il giorno dopo la prefettura comunica che il giovane è morto per un malore. Successivamente, al processo dei quattro poliziotti, questa tesi viene confermata dalla perizia del personale giudiziario, che sancisce la morte del giovane per motivi riconducibili ad insufficienza respiratoria, dovuta all?uso di un coktail di sostanze stupefacenti ed alcool. I periti dei genitori invece attestano la morte per soffocamento, ma nonostante le testimonianze della ragazza, gli imputati vengono scagionati.
Forti sono le perplessità sull?operato della corte, che sembra più interessata a tutelare i poteri forti dell?ordine costituito che accertare le vere responsabilità. Più di una volta in passato, tentativi di insabbiamento come questo hanno contraddistinto l?attività giudiziaria. Tuttavia la magistratura deve ancora affrontare ulteriori livelli di giudizio, per sancire il suo verdetto e quindi sussiste ancora la possibilità di assicurare i colpevoli alla giustizia. La madre di Federico, Patrizia Moretti, ha aperto un blog su internet nel gennaio 2006, dove racconta la sua storia.
Per concludere, da questi lugubri fatti emergono varie considerazioni: troppo frequenti sono gli abusi commessi da chi detiene il monopolio legale della forza, le organizzazioni di pubblica sicurezza; l?importanza dell?uso di internet come mezzo per stabilire reti di solidarietà sociale, come nel caso del blog, che pubblicizza una storia, sul quale i cybernauti interessati possono interagire; una vacanza democratica relativa al controllo dei cittadini sulle decisioni e azioni dei vari poteri, politico, economico, giuridico, troppo spesso considerati solo formalmente un servizio, il più delle volte un ostacolo. In sintesi permane il dubbio amletico: chi controlla i controllori?
Chi formalmente dovrebbe dare una risposta è la classe politica, troppo spesso sclerotizzata nella sua azione, per via dei propri interessi e di quelli delle grandi lobby economiche e sociali, a cui fa riferimento. Ma a tale accusa, qualcuno potrebbe replicare: è facile criticare senza dare nessuna proposta. Un punto di partenza può essere quello di rivedere il modo di fare formazione politica. Spesso esponenti dei partiti organizzano corsi di formazione, nei quali propongono modelli pedagogici, finalizzati a mostrare come idealmente dovrebbe essere condotta una corretta azione politica. Purtroppo capita che il discente noti come esista uno scarto, spesso abissale, tra il modello ideale proposto e la realtà concreta.
La formazione dovrebbe avere come momento centrale non il dovere essere, ma bensì una fenomenologia politica, tale da descrivere l?essenza e le caratteristiche generali delle dinamiche, che contraddistinguono la mentalità e l?azione dei politici. Quindi indagare il retrobottega che caratterizza l?attività dei partiti e in generale di chi ambisce a gestire la cosa pubblica: le lobby, gli interessi personali, la necessità di clientele, di padrini politici e di sponsor finanziatori, l?arrivismo, le lotte intestine, ecc.
Qualche giovane aspirante potrebbe rendersi conto che in fondo la politica non è così diversa dal sistema economico capitalista che rappresenta: si tratta in realtà di un grande mercato, nel quale un politico senza una lira rimane al palo.
Da questo discorso una domanda viene spontanea: ma i partiti potrebbero formare i propri giovani parlando male di se?