Quando quasi ottanta anni fa, nella Roma del dopoguerra, Mons.J.Patrick Carrol-Abbing iniziò ad occuparsi dei ragazzi soli e in difficoltà per consentire loro di inserirsi nella società, probabilmente non era particolarmente preoccupato degli aspetti formali e giuridici legati alla cittadinanza; gli interessavano molto di più quelli sostanziali: la capacità relazionale, il rispetto degli altri, il saper gestire le responsabilità delle proprie decisioni, l’apprendere un mestiere per essere autonomi.
È intorno a queste priorità che nacque la Città dei Ragazzi, che da allora ha aiutato oltre cinquemila ragazzi, provenienti da oltre 20 paesi, a diventare adulti responsabili attraverso il metodo dell’autogoverno. Si tratta di una realtà importante della città che molto ha detto è molto avrà da dire in merito all’inserimento nella società di chi -benché in situazione marginale- si sente parte di una comunità, ne condivide i valori e vuole appartenervi.
La Città dei Ragazzi, attualmente in fase di rilancio, fa il punto del suo cammino e si ripropone alla città con il convegno “Cittadinanza, Democrazia, Pace” (QUI) il prossimo 18 settembre, un’occasione per approfondire l’intrinseca connessione fra i tre concetti e le prospettive di lavoro che attendono chi si occupa di educazione dei giovani.
L’invito a questo convegno mi ha rimandato alla importante questione dello “ius scholae” che ha occupato i titoli dei giornali nelle settimane di metà agosto per poi -a dispetto della sua importanza- essere declassata a tormentone estivo destinato ad evaporare dopo le ferie. In realtà, ben oltre le polemiche di bassa politica nelle quali è stato strumentalmente collocato, si tratta di un tema centrale che spinge ad interrogarsi sull’autentico significato della cittadinanza.
Cosa significa essere “cittadini” di un paese, di una comunità, di una cultura? È davvero solo un privilegio “passivo” dovuto alla casualità del luogo in cui si nasce o alla percentuale di “sangue patrio” altrettanto casualmente ereditato alla nascita? È una questione fisica o culturale? È un privilegio che si concede o uno status che si riconosce in base a requisiti linguistici, valoriali e culturali?
E se non è una questione di “sangue” (le persone non sono cani o cavalli) la scuola è un elemento determinante: è nella scuola -oltre che in famiglia- che il linguaggio si struttura, la relazione si caratterizza e i valori si definiscono. Lo ius scholae -cioè un “diritto” riconosciuto perché i requisiti che lo sostanziano sono maturati in un percorso scolastico- costituisce allora il contenuto “attivo” della cittadinanza non più limitata ad un mero dato anagrafico “passivo”. In questa luce la Città dei Ragazzi è certamente uno degli esempi in cui un ambiente educativo (ben più ampio di una semplice scuola) ha dato -e può continuare a dare- un importante contributo per l’educazione dei giovani provenienti da altre culture e dunque a costruire cittadinanze vere e non solo formali.
Il convegno “Cittadinanza, Democrazia, Pace” [*] è una buona opportunità per conoscere questa realtà e approfondire contenuti e modalità della sua proposta educativa.
[*] – 18 settembre, ore 9:30-13:00, Largo Città dei Ragazzi, 1 – Roma
Per iscriversi inviare una e-mail all’indirizzo: segreteriapresidente@oncr.it