Ora che il governo ha varato la legge sulle coppie di fatto, resta da capire se dall’estenuante braccio di ferro Francesco Rutelli sia uscito sconfitto o vincitore. Il vicepremier ritiene che «per la prima volta siamo in molti ad aver contribuito a un successo», e dunque «nessuno può intestarsi da solo la vittoria»: «Va dato atto ? dice il leader della Margherita ? che i ministri Rosy Bindi e Barbara Pollastrini sono riuscite a modificare radicalmente un testo che all’inizio non funzionava e che ora è in linea con il programma dell’Unione. Certo, il passaggio era molto stretto, ed è un miracolo se pensiamo alle divaricazioni degli ultimi mesi».

– Lei però aveva chiesto che non fosse il governo a legiferare, e che il tema venisse affidato al Parlamento.
«A cose fatte, meglio così. Perché il risultato non rappresenta un compromesso ma una vera e propria riconciliazione tra le culture del centrosinistra. Abbiamo segnato la via italiana alla regolamentazione delle convivenze, com’era giusto che fosse. Senza copiare legislazioni di altri Paesi, ma tenendo fede alla nostra Costituzione e rispondendo a cambiamenti della nostra società: si tratta di difendere le persone più deboli nelle convivenze».

– Ha piegato la testa perché temeva di esser lasciato solo persino dai ministri della Margherita?
«Ero talmente determinato che mercoledì, a pranzo con Romano Prodi, avevo detto al presidente del Consiglio che se il testo fosse stato ritoccato in alcuni punti, avremmo potuto approvarlo nello stesso pomeriggio. Non nascondo che sul tema si sono scontrate sensibilità diverse, ma dovevamo far fronte a esigenze nuove e non era possibile mettere la testa sotto la sabbia. Mi riferisco anche al riconoscimento delle coppie omosessuali. Era giusto e doveroso che si tutelassero certe posizioni, dal punto di vista sociale e umano, ma senza dar vita a matrimoni di serie B. Il risultato è positivo. Vorrà dire che in Parlamento non ci saranno sorprese, che si camminerà nel solco tracciato in Consiglio dei ministri. E dunque escludo che si andrà fuori registro».

– Nella maggioranza c’è già chi si propone di cambiare la legge.
«Ritocchi formali sono possibili, ma non è possibile uscire dall’alveo dell’accordo. Se nella maggioranza si cercasse di ridurre giusti diritti, o al contrario di stravolgerli, credo si diverrebbe minoranza in Parlamento. Ora andrà affrontato coraggiosamente anche il tema delle politiche per la famiglia».

– Forse allora riuscirete ad avere l’assenso di Mastella.
«Rispetto la sua scelta, ma alla luce del testo approvato secondo me ha sbagliato. Ho parlato con lui, e credo che ? abbandonando posizionidi bandiera ? anche l’Udeur potrà riconoscere che l’approdo è positivo».

– Manca sempre qualcuno in Consiglio: la sinistra radicale ha disertato l’approvazione del decreto sulle missioni militari, i centristi hanno fatto lo stesso sulle coppie di fatto. Quanto potrà durare il governo, andando avanti così?
«Qualcuno potrebbe dire ancora per molto. Io dico invece di no, e lo dico con preoccupazione. Si governa per concorrere alle soluzioni, non per marcare le differenze. Siamo una coalizione di nove forze, è vero. Anche per questo c’è la necessità del Partito democratico, per contribuire alla solidità dell’esecutivo e per offrire un impianto riformista al centrosinistra. Penso che con la legge sulle coppie di fatto si sia compiuto un importante passo in avanti verso il Pd».

– Sta facendo pubblicità a un prodotto che ultimamente non tira.
«No, sto testimoniando un buon risultato. Se il testo non mi avesse convinto non l’avrei votato. L’intesa segna una svolta, perché non è il frutto di subalternità: né all’integralismo clericale né a quello laicista. Abbiamo sventato il pericolo di un fondamentalismo ideologico laicista, così come ? dinnanzi alle forti preoccupazioni della Chiesa ? abbiamo dimostrato di saper legiferare laicamente».

– E pensa che otterrete il plauso della Chiesa?
«Gli apprezzamenti saranno graditi ma non indispensabili. Noi ci siamo mossi seguendo la nostra coscienza e con il riserbo necessario. Questo serve anche a smentire le voci secondo cui avremmo ricevuto pressioni dalla Chiesa».

– Ministro…
«Nelle ultime settimane non ho parlato con nessun rappresentante della Santa Sede nè ho ricevuto telefonate o pressioni. Sia chiaro, non c’è nulla di male a parlarsi, però ? nel rispetto di certe posizioni ? era meglio segnare una distanza, per affermare la libertà della scelta».

– Non avrà parlato con nessuno in Vaticano, ma avrà ascoltato i discorsi del Papa.
«Certo. Nel mio ruolo di legislatore, ciò che conta è che le scelte siano adottate in coscienza».

– Non teme che questa «scelta» possa aprire un conflitto con una parte importante dell’elettorato cattolico?
«Al contrario, penso che negli ultimi tempi ci sia stato un eccesso di dichiarazioni: da una parte i cosiddetti Teodem, un po’ troppo loquaci, dall’altra i sessanta parlamentari della Margherita che hanno dato vita a un documento dal contenuto a mio avviso un po’ frettoloso e dunque deludente. Si tratta di posizioni rispettabili, e costruttive. Ma più che un evento tattico, oggi registriamo un risultato strategico raggiunto senza piegarsi né veti né a imposizioni».

– Più che «tattico», il «documento dei sessanta» ? redatto dalla componente popolare dei Dl ? è parso un avvertimento a lei, in vista del congresso.
«Chi la ha responsabilità di guidare un partito e immagina di farsi trascinare dalla corrente, non guida. Si lascia guidare. So quanto sia scomoda la leadership, ma so anche che ci vuole del tempo perché certe posizioni vengano apprezzate. Spesso sono andato controcorrente: se si pensa ai silenzi iniziali di quando mi pronunciai su pensioni, liberalizzazioni, Afghanistan… Avremo anche commesso degli errori, ma ne abbiamo fatta di strada. Con questa scelta sulle coppie di fatto recupereremo forza e siamo oggi più credibili».

– Anche agli occhi del Vaticano?
«Il tempo ci dirà che la scelta sulle coppie di fatto è una prima pagina di riconciliazione nel Paese. È il primo passo verso la chiusura della ferita che si aprì con il referendum sulla fecondazione assistita. E sia chiaro, la ferita non era il referendum, ma ciò che il referendum portava con sé: cioè l’incapacità di ascoltarsi e di trovare un terreno comune».

– Ora dovrete difendere la legge in Parlamento. Chiederà ai Teodem di attenersi alla disciplina di maggioranza, così come avete chiesto alla sinistra radicale di far votare il decreto sulle missioni militari ai loro dissidenti?
«Ogni deputato e senatore studierà il testo. Ma vorrei far notare che chi si è candidato con la Margherita lo ha fatto sulla base del programma. E siccome la legge è coerente con il programma dell’Unione, ci sono tutte le condizioni perché deputati e senatori della Margherita siano coerenti».