Il buonismo vecchio e nuovo.
Viviamo una fase politica un po? confusa. Molti per darle un senso ?alto? la spiegano con la fine delle ideologie. Per come la vedo io ? e come ho scritto nel mio precedente contributo – la fine delle ideologie di fatto non esisterà mai, perché le ideologie sono lo strumento della nostra lettura del mondo. Può esistere -ed esiste- però la fine della contrapposizione tra ideologie. Ma questo è tutto un altro discorso.
Il buonismo imperante (la cosiddetta ?melassa?, che tutto avvolge in maniera appiccicosa) è la vera novità di questo momento, soprattutto perché se ne fanno paladini coloro i quali fino a poco tempo fa preferivano fare i ?caimani?, più che le api melliflue. La fine delle (contrapposizioni tra) ideologie ci ?appare? a tutti sempre più ineluttabile, come un percorso dovuto e positivo: questo è il vero messaggio ?ideologico? indotto quotidianamente da mass media politically correct , ed è così convincente che a lungo andare anche noi ci crediamo e, come diceva una storico rinascimentale veneziano, Marin Snudo, ?ci acconciamo alla conditione de? tempi?. Certo è che questo messaggio è alimentato per reciproco interesse dalle stesse forze politiche siano esse di destra o di sinistra: chi ha vinto mira infatti ad evitare imboscate parlamentari, ostruzionismi, lungaggini e inutili mediazioni perditempo con l?opposizione e pensa quindi di poter avere il campo ancor più libero (magari anche in fatti di interesse privato); chi ha perso spera con ciò di non essere schiacciato da una corposa e virulenta maggioranza fai-da-te e forse di riuscire a far accettare, almeno in parte, i propri punti di vista.
Ciò non toglie che fra buonisti-vecchio-tipo e buonisti-new-entry la politica italiana sia ora cambiata non solo nei toni ma anche nei contenuti, quindi nei programmi (e ce ne siamo accorti già in campagna elettorale), nelle proposte di soluzione ai problemi (spesso coincidenti con quelle altrui), ora anche nel confronto dialettico tra sindacati e industriali.
Questa fase politica ? che continua a non piacermi e vedermi ?acconciato?, ma scettico ? va però esaminata e valutata oggettivamente sia per i rischi che per le opportunità che propone.

I rischi, le opportunità, la coerenza: cosa ci riserva la nuova fase politica?


I rischi.

I rischi sono evidenti a tutti e sono tutti i rischi conseguenti alla fine dell?attività di controllo e stimolo della minoranza sulla maggioranza. C?è quindi un rischio consociativismo, spartizione delle cariche, scambio di favori da sottobosco politico, emarginazione delle voci critiche e libere: insomma c?è il rischio che sotto la melassa scorra il peggio della politica italiana. E che sposti l?attenzione da alcuni problemi critici di fondo tuttora irrisolti. Tanto per citarne due: il conflitto di interessi, le televisioni?

Le opportunità

La fine degli steccati concentra l?attenzione sui problemi: non è più il ?politico?, con la sua storia, i suoi valori, la sua ?ideologia? -potremmo sintetizzare tutti questi aspetti nel ?software? della politica – il fattore discriminante di adesione o repulsione, ma è la realtà circostante, con i problemi reali della comunità, le proposte e le risposte a questi problemi, che vanno al centro, cioè al centro va l??hardware? della politica. Stiamo assistendo in questo senso ad una specie di rivoluzione copernicana all?inverso: all?ideologia/sole, che finora c?ha illuminato nelle nostre scelte ed era centro del sistema, ora centro del sistema solare torna la terra coi suoi problemi irrisolti e le proposte di soluzione.

La coerenza dei comportamenti

Il fatto qui si complica: una volta accettata la centralità dell?hardware, e del postideologismo, non siamo più in grado di perseguire comportamenti coerenti e conseguenti, perché ci troviamo ancora in una fase di passaggio, di assenza di modalità certe e condivise nel cambiamento delle relazioni politiche. Tanto per fare un esempio concreto: se riteniamo centrale il tema del potere d?acquisto dei salari da lavoro dipendente e il nuovo Governo attiva una politica di detassazione degli straordinari e dei premi di produzione, nonché abolisce del tutto l?ICI sulla prima casa, provocando un ulteriore guadagno per i ceti medi, avremo la forza (o il coraggio) di sostenere e votare o provvedimenti del Governo? E sui temi della sicurezza, che pur in buona parte condividiamo e che ricalca in parte quanto già previsto dal pacchetto Amato?
La parola che meglio definisce questa fase politica sembra essere: pragmatismo, una parola che in sé non ha significati né positivi né negativi, ma che vuol solamente esprimere un concetto di ritorno alla Realpolitik : su fatti concreti, su soluzioni concrete e specifiche si potranno creare maggioranze variabili. Non bisogna avere il terrore di affermarlo, perché se si sceglie la via della logica e della coerenza, prima o poi così sarà. Non lo dico perché lo auspico, lo dico perché lo prevedo (per quanto mi riguarda cerco fin d?ora di attrezzarmi psicologicamente).

Dalla politica nazionale alla politica locale: il caso di Roma
Si badi bene però che questo percorso collegato alla supposta fine dell?ideologia non sarà indolore nè a destra nè a sinistra: e quindi è un banco di prova per tutti, che connoterà la vera maturazione di questo nuovo corso della politica italiana, sia a livello nazionale che locale, di cui tutti si dicono, a parole , paladini.
Prendiamo il caso di Roma ad esempio. Sappiamo tutti quanto ha pesato nel cambio di maggioranza il tema della sicurezza. Ho altre volte scritto su questo sito come la priorità di questo tema sia stata indotta ?secondo me – scientificamente a livello nazionale (e locale) da TV ideologicamente orientate dalla proprietà, che hanno amplificato a dismisura fatti di cronaca, senz? altro gravi ma fortunatamente, isolati, come hanno potuto dimostrare recenti dati dell?ISTAT (oggettivi) sul calo anche forte di reati commessi, che hanno smentito ? senza con ciò alleviare – le fibrillazioni e le fobie (soggettive) di buona parte della cittadinanza.
Ma ho anche dato la soluzione a questo dilemma del vero o falso problema, riportando le parole di Massimo Cacciari secondo il quale se un fatto è percepito come un problema è a questa percezione che il politico deve dare risposte (soprattutto se è un sindaco e questa è la percezione dominante nella sua comunità). Anche a Roma dunque ha pesato fortemente il tema della sicurezza e quindi, a caduta, quello dell?immigrazione e dell?integrazione, percepito dai romani come un problema troppo trascurato o, peggio, assecondato, dalla passata giunta.

Eccoci ora al passaggio cruciale tra il software e l?hardware della politica a Roma. Il nuovo sindaco Alemanno ha una sua identità e connotati certi, chiari, il suo ?software? è noto a tutti. Ma, applicando, a livello romano i mutamenti in corso nelle relazioni tra i partiti di maggioranza e opposizione a livello nazionale (e in qualche misura anche europeo vedi la Commission Attali) ha da subito lanciato concrete proposte di collaborazione al campo avverso, mostrando di privilegiare decisamente l? hardware (cioè i problemi della città). Questo nuovo atteggiamento avrebbe dovuto creare scompiglio prima di tutto nella sua maggioranza. Ma, mentre per questo atteggiamento aperturista non ho conoscenza di critiche a lui rivolte all?interno della sua maggioranza, nello schieramento avverso invece (per la serie: ?continuiamo così, facciamoci del male?) sono di questi giorni le feroci critiche che hanno colpito chi ha pensato di raccogliere la sfida. Sfida che in fondo si basava sull?idea, del tutto ovvia, quasi banale e dettata dal buonsenso, di mettere in rete, non disperdere e anzi valorizzare le migliori esperienze prodotte in questi anni a Roma sui più gravi problemi che attanagliano la città.

Così Amedeo Piva, per i temi della solidarietà che più gli sono propri, ha raccolto l?invito (e la sfida), proponendosi al nuovo sindaco come ?garante alla nuova cittadinanza, per l?inclusione sociale, la multietnicità e la partecipazione?. Per alcuni ha accettato la sfida con lungimiranza anticipatrice ( e quindi rivoluzionaria) in linea con i nuovi atteggiamenti del partito. Per altri ?amici? è stato un gesto dettato da opportunismo e, sotto sotto, motivato da ritorni personali.
Conoscendo la persona da anni, sono sicuro di dover scartare la seconda ipotesi. Ma metto in guardia anche sugli esiti della prima.
I rischi di accettare l?offerta di collaborazione da parte del neo sindaco sono chiari innanzi tutto a colui che l?ha accolta (Piva): c?è innanzi tutto il rischio di essere strumentalizzati, di servire come copertura di un nuovo corso che, sui temi dell?integrazione sociale, non fa sperare nulla di buono. Si pensi solo a questi due atti, i primi, e quindi proprio per questo fortemente simbolici, che hanno caratterizzato il nuovo atteggiamento della giunta sui temi della solidarietà: l?abolizione dei menu etnici dalle mense scolastiche e il progetto Intermundia, che a 15 giorni dall?inizio, è stato radicalmente ridotto nella durata, non consentendo di fatto a molti plessi scolastici di poter presentare i lavori già svolti coi bambini durante l?anno sui temi della multiculturalità. Anche episodi come quelli del Pigneto o le perquisizioni notturne dei campi Rom, pure di quelli non abusivi, sono indici di un clima diverso. Tanti rischi quindi, per cui l?adesione di Piva andava se non altro apprezzata per questo. Soprattutto all?interno di un partito come quello Democratico che ha nel suo DNA costitutivo il superamento degli steccati ideologici. Si è invece arrivati , da parte di membri autorevoli romani, a richiederne l?espulsione dal PD! Del resto lo stesso Piva aveva chiari questi rischi di isolamento sia all?interno che all?esterno e ha, molto opportunamente, agganciato la sua disponibilità, a che fosse appoggiata e condivisa da una forte maggioranza del consiglio comunale. Ma così, suppongo non sarà e il tentativo di Piva non avrà esito. Questo sarà un peccato: per la città e per le difficili problematiche dell?integrazione, che con Amedeo Piva avrebbero potuto trovare soluzioni innovative. Ma anche per la politica in genere, perché la collaborazione avrebbe potuto fare da fucina di un nuovo corso e non accettando la collaborazione non sapremo mai come sarebbe veramente andata a finire, né soprattutto sapremo mai se l?offerta era seria o di facciata: ancora una volta il software prevarrà sull? hardware della politica, alla faccia di chi proclama la fine delle ideologie!