In base al rapporto Eurostat del 4/09/2012 il numero di richieste d’asilo in Italia nel primo trimestre 2012 è crollato rispetto all’anno precedente (-62%). Tra le prime nazionalità dei rifugiati giunti in Italia contrariamente al passato non compaiono Somalia ed Eritrea. Un dato che conferma numerose testimonianze in base alle quali in Libia sarebbe impedito ai profughi dell’Africa sub-sahariana di esercitare il diritto d’asilo e di tentare di giungere in Europa.

A conferma di ciò, lo scorso 13 giugno, Amnesty International ha reso pubblico il testo del patto segreto stipulato tra il governo italiano e quello libico lo scorso 3 aprile. Accordo in cui si può leggere che, di fatto, tutte le vecchie intese tra i due Paesi rimangono in vigore.

Da tempo don Mussie Zerai, presidente dell’Agenzia Habeshia per la Cooperazione allo sviluppo (Ahcs) scrive che dalla fine del regime di Gheddafi, la situazione dei diritti umani per i richiedenti asilo, i rifugiati e i migranti irregolari è peggiorata in Libia: “I profughi sono costretti ai lavori forzati sotto la minaccia delle armi, senza cibo né acqua, continuamente picchiati, in una situazione di totale degrado per la dignità delle persone, soprattutto eritrei e somali, rinchiusi nei centri di detenzione”.

 

Riguardo all’accordo verbale sottoscritto dal ministro Cancellieri e dal suo omologo libico Fawzi Althaer Abdulal, P. Giovanni La Manna (presidente Centro Astalli) si era espresso con toni duri: “Ci saremmo aspettati una maggiore trasparenza su tale vicenda. Riteniamo molto grave che in un momento in cui si stabiliscono linee guida nei rapporti tra Italia e Libia non si faccia  alcuna menzione della tutela dei diritti dei richiedenti asilo”.

In base alla Costituzione italiana, ogni trattato internazionale di natura politica deve essere sottoposto a preventiva legge di autorizzazione approvata dal Parlamento ed è subordinato all’effettivo rispetto dei diritti fondamentali (art.80).

Nel caso specifico sembra evidente che il parametro del rispetto dei diritti umani non possa derivare solo dalle rassicurazioni espresse dal governo libico. Occorre bensì un nuovo ed effettivo sistema giuridico in materia di protezione internazionale. La Libia assicuri il rispetto del diritto d’asilo ratificando la Convenzione di Ginevra sullo status di rifugiato; prevenga e reprima ogni forma di tortura o di trattamento disumano e provveda a una radicale riforma delle strutture di detenzione per migranti irregolari.

In assenza di queste condizioni, ogni giustificazione per stringere patti con Tripoli in tema di immigrazione è solo un condannabile artificio diplomatico.