Per capire cosa vuol dire essere un padre gesuita puoi spiegare come nasce la Compagnia di Gesù?
Sant?Ignazio e i suoi compagni formarono un gruppo apostolico fondato sulla carità, che prese il nome di Compagnia di Gesù. Da qui è nata la denominazione di Gesuiti. Pronunciati i voti di castità e di povertà e ordinati sacerdoti, i Primi Compagni nell’anno 1540 offrirono se stessi a Dio per lavorare sotto il segno della croce e per servire soltanto il Signore e la Chiesa. Sotto l’obbedienza al Papa, sono stati inviati in tutto il mondo per “la difesa e la propagazione della fede e per il progresso delle anime nella vita e nella dottrina cristiana”.

Da dove nasce la tua vocazione?
Da una corsia di ospedale. Studiavo microbiologia all?Università di Napoli. Avevo intrapreso gli studi in medicina contro il parere di mio padre, anch?egli medico, che mi scoraggiava in tutti i modi ad intraprendere una carriera piena di ostacoli e di ben poche soddisfazioni e io forse per spirito di contraddizione, tipico di ogni adolescente, volevo dimostrargli che anch?io avrei potuto fare il medico come lui.
Nella clinica universitaria, da studente in medicina, avevo accesso libero ai reparti. Così cominciai a frequentare sempre più spesso le corsie dell?ospedale per stare vicino ai pazienti e ai loro familiari. Così quella che era nata come opportunità di ?imparare il mestiere? sul campo, diventava per me, ogni giorno di più, una forma di servizio e di volontariato a chi in quel momento stava soffrendo.
Nel 1985 mio padre morì e piano piano mi resi conto di quanto la mia decisione, più che una scelta di vita, fosse la sfida di un figlio un po? ribelle che voleva dimostrare al padre il suo valore affrontandolo sul suo stesso terreno.
Così continuai a studiare per finire l?Università e non per fare il medico.
Per me allora Dio esisteva ma non aveva niente a che fare con la mia vita. Lui era nel suo mondo e non si interessava della mia esistenza.
Intanto senza rendermene neanche conto il volontariato in ospedale diventava sempre più una forma di servizio. Un servizio che mi appassionava e che in quel periodo dava senso alla mia vita.
Comincia i così delle lunghe conversazioni con un sacerdote diocesano che mi aiutò a conoscere un aspetto nuovo della Chiesa e di Dio. Quel prete mi mostrò una chiesa aperta, amorevole, e rivolta ai poveri proprio nello spirito più autentico del Vangelo. Poi da lì all?incontro con i padri gesuiti di Napoli il passo fu breve.
A quel punto ebbi il coraggio di affrontare quelli che erano dei dubbi, delle domande che avevo tenuto lontani per troppo tempo, così finalmente decisi che il mio servizio agli ultimi sarebbe diventata la mia vocazione, il senso unico della mia vita.

In famiglia la tua scelta fu accettata da subito?
Mia madre non riusciva ad accettare una cosa simile, non credeva che fosse possibile. Mio fratello reagì in maniera ancora peggiore, rifiutò per molti anni l?idea che volevo diventare gesuita. Venne a trovarmi per la prima volta in comunità dopo la mia ordinazione diaconale, ossia dopo molti anni dalla mia entrata nella Compagnia di Gesù.

Come si è svolta la tua formazione per diventare gesuita?
L?inizio della formazione gesuitica mi ha portato ad iniziare un lungo pellegrinaggio. Ho vissuto due anni a Genova, tre a Padova, poi nuovamente Napoli per lo studio della teologia. Per due anni ho vissuto a Madrid, dove ho potuto vivere una bellissima esperienza di comunità, di studio e di reale inserimento tra gente semplice e povera di un quartiere periferico della capitale spagnola. Da 14 anni sono nella Compagnia e da 5 anni sono sacerdote. Una delle esperienze più significative della mia vita è stata l?incontro con l?America-Latina. Subito dopo l?ordinazione sacerdotale, avvenuta il 26 giugno del 1999, mi è stata donata la possibilità di vivere tutta l?estate in Guachupita y Ciénaga, una delle parrocchie più povere di Santo Domingo. L?aver condiviso le difficoltà delle persone, vivendo con loro, mi ha insegnato cosa vuol dire mettersi alla scuola dei poveri.
Terminata l?esperienza spagnola, sono stato destinato a Genova, dove ho vissuto ancora una volta per due anni. Gli anni di Genova sono stati un buon banco di prova che mi ha aiutato a crescere e mi ha mostrato i limiti della nostra realtà. A Genova nel 2001 ho potuto prendere parte all?organizzazione di una delle tante manifestazioni pacifiche che vedeva impegnate molte Congregazioni religiose.
Nel 2002 la Compagnia mi ha inviato in Messico per la tappa di formazione chiamata ?Terz?anno?.
Ritornare in America-Latina ha significato ancora una volta la possibilità di vivere in un contesto di vera prossimità con la sofferenza umana. Condividere la vita semplice dei villaggi di indigeni del Chiapas e di altri stati del Messico, mi ha permesso di rimanere alla scuola dei poveri. Queste persone mi hanno insegnato e testimoniato che è possibile vivere con speranza, anche, quando si è in una realtà dura, dove si vedono calpestati i diritti delle persone e ancora si muore per difendere la propria terra coltivata con grandi sacrifici.
Ho potuto vivere un mese nella parrocchia di Camagüey, Cuba, ed è stata una esperienza meravigliosa.
Il Terz?anno in Messico, grazie all?accompagnamento di due padri gesuiti, due maestri, il p. Elizondo ed il p. Ramón Mijares, mi ha donato di rileggere la mia vita alla luce della presenza e dell?azione del Signore. Ho potuto riconoscere i tanti doni ricevuti, anche attraverso la Compagnia. Ho potuto sanare alcune ferite ed iniziare a credere che il meglio per ciascuno di noi deve ancora arrivare.

Ora ancora una volta in Italia, come si sta svolgendo questa nuova tappa del tuo cammino?
Al mio rientro in Italia, il Padre Provinciale, mi ha destinato al Centro Astalli di Roma, il servizio dei padri gesuiti per l?assistenza agli immigrati. Devo dire che non è stato facile tornare, c?era il desiderio di fermarmi in America Latina, comunque si è trattato di ritornare in un luogo che ho frequentato sin dai primi anni della mia formazione gesuitica. Il Centro Astalli era un impegno fisso nelle mie estati e qui ho ritrovato amici ed una realtà che è cresciuta molto. E? motivo di consolazione poter contare sulla collaborazione di persone generose, disponibili e sensibili. L?incontro con il mondo dei rifugiati e dei volontari del Centro Astalli è per me segno di una grande ricchezza umana, che può rendere vero ciò che gli indios mi hanno insegnato: il mondo può cambiare, ?SI, SE PUEDE!!?
Vivo questa esperienza con tanti desideri, con la consapevolezza che questo lavoro è duro per tanti motivi, ma so che il Signore farà la sua parte. Per questo ancora una volta faccio mia la preghiera del Padre L. Espinal, gesuita ucciso in Bolivia.

Allenami, Signore a lanciarmi nell?impossibile,
perché nell?impossibile ci sono la tua presenza e la tua grazia.
Il futuro è un enigma, il cammino s?inoltra nella nebbia
ma voglio continuare a donarmi con gioia e senza incertezze,
perché tu stai aspettando nella notte,

con mille occhi umani traboccanti di lacrime.