Trovo molto bella e potente la metafora del costruire una
cattedrale. Talmente efficace da assumere tutta una
ricchezza di significati che vanno anche al di là di
quello immediato.
Cerco di spiegarmi.
La costruzione di una cattedrale …
1. presuppone un progetto: non si improvvisa;
2. è un’opera collettiva, irrealizzabile e priva di
senso
come opera di un singolo, che richiede coordinamento e
competenze elevate;
3. è la realizzazione di uno spazio
pubblico, che ha senso di esistere solo se una comunità
vi
si riconosce e lo sente come proprio; l’opposto di curare
il proprio orticello;
4. aggrega e moltiplica le
intelligenze, contribuisce alla crescita di una
comunità,
sia durante l’opera di costruzione, sia quando è
completata;
5. richiede comunque la regia di un nucleo di
persone che ne assumono il comando e la responsabilità,
che sono accettati da chi collabora all’opera e che sono
capaci di un’efficace organizzazione;
6. richiede un
orizzonte culturale, un quadro di valori e di
sensibilità,
alcuni canone estetici di fondo che siano condivisi;
7.
è
un processo che non ha un’utilità immeditata ed
evidente,
tuttavia può generare nel tempo conseguenze pratiche
anche
molto rilevanti, sul piano sociale, culturale, economico;
8. il progetto può conoscere variazioni e aggiornamenti
anche seri durante la realizzazione, conservando tuttavia
la sua natura ed i suoi caratteri;
9. richiede fiducia
nell’operato altrui, compreso quello delle generazioni a
venire; 10. contiene in ogni caso un’affermazione di
orgoglio, una ricerca di eccellenza e di distinzione.
Per Paolo Francini
non ho idea di cosa uscira’ dal mio scalpellare
Carina la storia degli scalpellini. Come funzionario di un
fondo delle nazioni unite per lo sviluppo e la riduzione
della poverta’, io mi sento come il terzo scalpellino; ma
la verita’ e’ che, con il grado di complessita’ che ha
raggiunto il mondo, e con esso i problemi che cerchiamo di
risolvere o almeno di smussare, non ho idea di cosa
uscira’ dal mio scalpellare. Se tutti – scalpellini e non
– stessimo lavorando piu’ o meno bene ma per il medesimo
scopo, presto o tardi una cattedrale – bella o brutta che
sia – o per lo meno una chiesetta parrocchiale uscirebbe.
Ma gli scalpellini sono tanti, e oltre a quelli che hai
descritto ce ne sono altri ancora: alcuni si rivendono il
materiale sotto banco per alzare due lire in piu’, altri
rivendicano maggiori diritti o remunerazioni ma non hanno
la minima intenzione di rompersi la schiena (altri ancora
nemmeno di lavorare), altri smontano di notte quel che e’
stato montato di giorno per far lievitare i costi
dell’appalto e non perdere il posto, e cosi’ via dicendo .
E comunque, nessuno di noi ha accesso all’architetto, ne’
ai finanziatori, ne’ ai committenti, ma solo al
capomastro. Il quale ha come unico scopo quello di far
lavorare gli scalpellini, ma per quale scopo nessuno lo sa
veramente – forse neppure il capomastro stesso.
Cosa verra’ fuori dal nostro lavoro non lo sappiamo.
Intanto ad ogni crisi finanziaria, alimentare o porcina,
anni di progressi vengono spazzati via. E’ come riempire
un lago con un bicchiere. Ma, alla fine della fiera,
cos’altro possiamo fare? Tra contribuire al problema,
contribuire alla soluzione o fare i pesci in barile
(questo paese e’ pieno della terza categoria), almeno ci
si prova.
Come diceva qualcuno, e’ meglio accendere una piccola
fiaccola che maledire l’oscurita’.
Stammi bene.
Paolo Silveri
Cattedrali nel deserto e centri parrocchiali.
Forse di cattedrali ne abbiamo costruite troppe, persino
nel deserto (ci ricordiamo l’industrializzazione del
mezzogiorno negli anni 60 e la frase che ne uscì
“cattedrali nel deserto”?). Penso sia meglio concentrarsi
su piccoli progetti concreti, le chiesette per intenderci,
più legate al territorio e alle comunità, piuttosto
che
continuare a nutrire sogni di gloria di un impero che non
abbiamo più.
Amedea
Caro Amedeo,
visto che sono stato chiamato in causa, ti dico subito che il quarto scalpellino non mi piace, in quanto il terzo scalpellino sono io. E lo sono da quando ho imparato il mestiere ?rubando con gli occhi? animato dalla passione per la Cattedrale. Guarda che con la passione, la schiena te la rompi lo stesso, ma non te ne frega niente. Facciamo come Don Ernesto Mandara che con la squadra che ha messo in piedi ha fatto inaugurare al Sindaco Veltroni diciassette Centri parrocchiali, e se fosse rimasto Sindaco avrebbe assistito alla dedicazione di almeno altre sei parrocchie; uscendo, così, dal n. 17, che porta male ? come si è visto ? e raggiungendo il n. 23, con il quale, non solo si costruiscono le cattedrali, ma si costruiscono nei tempi previsti e senza incidenti sul lavoro.
Ti voglio bene, perchè la pensi come me e sei un bravo scalpellino di terza serie?..come me!
Un forte abbraccio.
Giancarlo