Un accorato appello alle comunità islamiche d’Italia, perché giunga forte una condanna verso quanti sviliscono la religione, trasformandola in mero pretesto di morte. È questo il messaggio, netto e inequivocabile, della lettera di Nino Sergi, presidente di Intersos, rivolta alle principali aggregazioni islamiche presenti nel nostro Paese, OCOII, COREIS, la sezione italiana della Lega Musulmana Mondiale, UIO, Giovani Musulmani d’Italia.

Intersos, organizzazione umanitaria che da quasi vent’anni presta soccorso in contesti travagliati da guerre e calamità naturali, non può non guardare con preoccupazione agli episodi di violenza che si verificano quasi quotidianamente in paesi quali Iraq, Indonesia, Pakistan, Filippine, Nigeria. Realtà travagliate da conflitti etnici e religiosi, capaci di sfociare in eccidi e violenze rivolte contro civili inermi. Come la strage della notte di Capodanno, avvenuta davanti ad una chiesa copta ad Alessandria d’Egitto, che è costata la vita a 21 persone. Un gesto che ha suscitato la reazione piena di sdegno e di dolore del Santo Padre, che ha definito l’episodio “un atto che offende Dio e l’umanità intera”.

Nella sua lettera, Sergi richiama all’impegno i membri delle comunità islamiche d’Italia, perché levino “una voce che mobiliti tutte le altre comunità musulmane in Europa, che susciti una reazione di indignazione comune, forte e perseverante, indirizzata alle comunità e alle autorità religiose dei paesi coinvolti, con l’imperativa richiesta di reagire decisamente e duramente di fronte a chiunque voglia usare la religione come strumento di divisione e di odio”.

Il rischio maggiore, in questi frangenti, è infatti quello di cedere alle semplificazioni, cadendo nella trappola insidiosa di chi vuole rappresentare gli episodi di violenza come il prodotto di un ineluttabile scontro tra civiltà. Cristiani contro islamici, Occidente contro mondo arabo. “Occorre che nessuno ceda alla semplificazione, altrettanto dannosa, dello scontro tra religioni”, mette in guardia Sergi. “Il nostro lavoro quotidiano di operatori umanitari in molti paesi con presenze etniche e religiose minoritarie ci ha piuttosto insegnato che la coesistenza e il reciproco rispetto sono la normalità e che negli anni le comunità sono riuscite a stabilire regole di convivenza e di risoluzione dei conflitti, a reciproca garanzia di pace e prosperità”.

La ragione degli scontri risiede altrove. “Questo desiderio di pace viene spesso annullato da scelte insensate e traumatiche, che provocano reazioni altrettanto traumatiche, da giochi politici dettati da ambizioni di potere, da osceni interessi particolari, dalla volontà di sopraffazione”. Perché, aggiunge Sergi, “La religione viene spesso usata, con l’inganno e la manipolazione, come pretesto per accendere lo scontro, mantenerlo vivo e interiorizzarlo nelle singole persone, creando divisione dove c’era concordia, odio dove c’era comprensione e concordia, spesso da molti secoli”.

L’appello del presidente di Intersos tuttavia non è a senso unico. Alle comunità islamiche, si chiede di “far conoscere questo vostro impegno, diffondere le vostre prese di posizione e i vostri messaggi di pace”, attraverso i media italiani e internazionali. E allo stesso tempo si richiamano alla responsabilità le istituzioni e la società italiana intera, riconoscendo come nel nostro Paese “Non sempre c’è stato quel rispetto che vi è dovuto e quel riconoscimento pieno della vostra scelta religiosa e delle sue esigenze comunitarie.
“È giunto il momento di aprire gli occhi” –questo l’invito di Sergi- e di scommettere sulla possibilità di vivere insieme, nel dialogo. Perché al di là delle differenze confessionali, “i valori fondamentali sono gli stessi e riescono sempre ad unire”.