Siamo arrivati finalmente alla seconda fase nella costruzione del nostro Partito: la fase dei contenuti!
Cominciamo a parlare di ?programmi? e non solo di ?organigrammi?, abbiamo aperto il dialogo sulle nostre differenze e, pur consapevoli che il confronto non è sempre facile, siamo convinti che ce la potremo fare se abbandoneremo i nostri ?fondamentalismi?, liberandoci dalle vecchie appartenenze e venendoci incontro su un terreno nuovo, più fertile. Solo con un atteggiamento costruttivo e consapevole, potremo vedere realizzato il nostro sogno: un partito veramente democratico sul quale abbiamo scommesso convinti che non c?era una strada migliore per disegnare una nuova stagione di sviluppo per il nostro Paese.
Allora andiamo avanti nel confronto e guardiamo al futuro dei giovani, che rappresentano la linfa vitale di questo processo innovativo, affrontando il tema del lavoro.
Sono sotto i nostri occhi i risultati del primo rapporto del Forum nazionale dei Giovani, Cnel e Unicredit, che evidenziano come l?età per un ingresso adeguato nel mondo del lavoro si sia spostata a 35-40 anni, in presenza di una classe dirigente sempre più vecchia che costringe all?emarginazione le nuove generazioni. Anche le testimonianze da me raccolte recentemente (una amica quasi trentenne mi ha segnalato alcuni fatti sui quali vi invito a riflettere) confermano il grave stato di disagio dei giovani che si affacciano al mondo del lavoro:

un giornale esposto in edicola (costo 2 euro) alletta i giovani disoccupati con un titolo a caratteri cubitali ?800 POSTI ALL?INPS?!. Cosa c?è dietro? Una Agenzia di lavoro interinale che dopo solo due giorni dalla pubblicazione dell?annuncio fa sapere che la selezione dei candidati è già avvenuta e che i prescelti erano già nelle liste della società privata;

la stessa ragazza, che ha inviato il suo CV alle Poste Italiane, chiede di poter conoscere l?iter della sua domanda di impiego e si sente rispondere che, se non conosce nessuno, non può avere nessuna risposta.

Dopo una prima reazione di disgusto e di rabbia mi chiedo perché nella Pubblica Amministrazione si sia di fatto deciso di abbandonare il sistema dei concorsi pubblici che, a mia esperienza (sono una ex dirigente ministeriale e nella mia vita ho partecipato a ben 4 concorsi pubblici per avanzare nella carriera), consentono a tutti i cittadini che posseggono i requisiti richiesti di poter concorrere (ad armi pari) e di ottenere il posto di lavoro se si dimostra di essere i migliori.
Abbiamo assistito nell?ultimo decennio ad un ricorso ?sistematico? al lavoro a tempo determinato che a mio avviso dovrebbe essere invece assolutamente limitato (se non vietato) nell?accesso al pubblico impiego per i seguenti motivi:

1) non è vero che la spesa pubblica si riduce con il ricorso al lavoro interinale.
Ci darà ragione il censimento avviato dal Ministro Brunetta (avremmo dovuto chiederlo noi!), se sapremo valutare bene i dati che ci verranno forniti in tema di lavoro temporaneo. Sono sicura che tempi di impiego non risulteranno proprio ?temporanei? (piuttosto legati alle legislature e/o ai governi), mentre la spesa sostenuta apparirà comunque elevata in quanto comprensiva della quota destinata all?Agenzia interinale.
2) procura disagi e non offre garanzie ai lavoratori, sia per il fattore temporale che per quello retributivo
L?incertezza del domani (precarietà) pesa sulle decisioni individuali e familiari e limita la capacità di spesa con effetti negativi sul sociale (mina la crescita equilibrata del singolo che non si sente realizzato ma emarginato) e sullo sviluppo economico del Paese (frena i consumi e quindi la produzione e l?occupazione). Inoltre le retribuzioni dei lavoratori vengono ridotte in funzione della quota di ricchezza ?taglieggiata?dalle società che ne gestiscono le prestazioni e si assiste allo sviluppo di un sistema di nuove dipendenze e sfruttamento dell?individuo da parte di organizzazioni ?legalizzate? (gruppi di potere politici ed economici) che non offrono alcuna garanzia di trasparenza .
3) non ci sono garanzie per il contribuente, vero ed unico soggetto che paga le prestazioni dei lavoratori interinali. Mentre il privato può giudicare le capacità del lavoratore sulla base di parametri di valutazione costi-benefici ben definiti (che oltretutto sperimenta personalmente nell?interesse della sua azienda), nella PA nessuno garantisce la qualità della prestazione del lavoratore interinale (e di conseguenza quella dei servizi offerti) perché non viene scelto ?il migliore?, ma ?l?amico dell?amico?.
Non è garantita la legalità e il buon andamento della PA perché un lavoratore precario è, per definizione, in qualche misura ricattabile dal suo padrone; non ha infatti un rapporto diretto con l?Amministrazione, né tantomeno ha giurato fedeltà alla Repubblica, né viene giudicato sulla base di criteri quali-quantitativi trasparenti e condivisi, ma risponde soltanto al gruppo di potere che gli ha ?concesso? questo pur precario beneficio.

E? dunque ora di reinvestire non solo nelle infrastrutture, ma anche nel capitale umano (non torneranno neanche i cervelli ?emigrati? senza garanzie e prospettive serie!). Sono consapevole che, anche per il tema del lavoro, è necessario rivedere posizioni assunte nel passato (da partiti che però non sono più il nostro!), facendo leva su un?etica condivisa, su valori comuni solidi e spiazzanti per chi, come l?attuale governo, non da alcuna concreta risposta alle nuove generazioni, che chiedono un sostegno reale alla dignità della persona e alla crescita del benessere.
Perciò vi invito ad inviare al nostro Circolo (esecutivo@pdacilia.it) i vostri commenti e le vostre esperienze per riflettere insieme su questo tema che potremo meglio sviluppare in un prossimo incontro, da tenersi subito dopo Pasqua, alla presenza di responsabili del PD, esperti di welfare