Argentina, Islanda ed Ecuador si sono già liberati, unilateralmente, dalla schiavitù del debito. Perché l’Italia non ha lo stesso coraggio?

La crisi che continua ad attanagliare il nostro Paese potrebbe portarci perfino a ritenere praticabili proposte simili a questa, che fino a non molto tempo fa avremmo semplicemente bollato come inattuabili e demagogiche.

Vale la pena allora affrontare il tema, per non lasciarlo come una pericolosa bandiera nelle mani di qualche astuto capopopolo. Nel LINK una breve analisi della situazione dei tre paesi.

L’Ecuador, dopo il default del 2008, ha ripagato ai creditori solo un terzo del valore originale dei titoli di stato emessi per coprire un debito di 3,5 miliardi di dollari e nel 2011 ha registrato perfino una crescita del 7,8 per cento. Certo, grazie alla sua grande produzione di petrolio ha ottenuto dalla Cina, subito dopo il default, un prestito di un miliardo di dollari (al tasso del 7,5 per cento, il triplo di quello offerto dal FMI). E oggi il debito dell’Ecuador con la Cina è già a quota 7,3 miliardi.

Dell’Islanda facciamo solo una considerazione: ha una popolazione più o meno pari a quella di Verona, circa 300mila abitanti.

L’Argentina invece, dopo default del 2001, ha messo in atto una serie di scelte pericolose (politiche monetarie disinvolte, protezionismo…) per fronteggiare i buchi nel bilancio, non potendo contare neanche sul mercato del debito. (L’Argentina è di nuovo vicina al default?).

Non ci sono scappatoie. Come in democrazia vale la legge dei numeri, così in finanza vige la regola che i debiti vanno rimborsati.

La demagogia, insomma, non paga. E ci fa affondare.

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OFFERTE DI LAVORO – Rubrica a cura di Veronica Arpaia

 L’appuntamento di Praxis per rimettersi davvero in gioco (LINK)

 Tra le segnalazioni oggi:

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 Buona settimana.

Amedeo Piva