La geometria è uno strano oggetto. Da un lato è solida realtà: gli antichi, da Euclide in poi, ci facevano utili misure terrestri (da cui il nome) non meno che raffinati calcoli astronomici. Ma dall?altro, è assai astratta: il ?punto? senza dimensioni è una pura idea matematica; come anche la ?retta?, che è un?infinità di punti, e il ?piano?, che è un?impalpabile infinità di rette. Perciò la geometria serve sia al matematico, che ama la sofia delle acute riflessioni, sia al geometra che, con la sua livella e filo a piombo, deve costruire senza curarsi degli infiniti. Inoltre, la geometria si occupa anche di angoli.
Allora, per esempio, in quanti spicchi si può dividere un angolo giro?
Anche infiniti, se vogliamo.
Anzi, qualcuno più acuto di altri potrebbe dire che un angolo giro è la somma di infiniti angoli infinitesimi: è quindi, siccome l?infinito è indeterminato, anche l?angolo giro è indeterminato.
Senza contare che quando gli angoli sono molto sottili, possiamo sbagliare a contarli, a distinguerli e a capire chi vale di più e chi meno. Dunque, essere troppo acuti (gli angoli s?intende) può allontanare dalla soluzione pratica delle cose. Allora: dovremmo preferire i grandi-angoli (come in fotografia)? Al limite, quelli ottusi? Effettivamente, l?ampia visione, ci dicono i politici, fa sintesi, è l?opposto della ?visione ristretta?, è autorevole ed è la via pratica delle cose. Naturalmente c?è il rischio di scivolare sul ?pressappoco?. Dunque, come al solito, in medio stat virtus. Ma anche il centro ha i suoi pericoli, come quell?antico problema geometrico mai risolto delle ?convergenze parallele?.