Ciao Lorenzo,
anch’io sono convinto che arroccarsi sulle proprie posizioni senza cercare di capire quelle degli altri non porta da nessuna parte.
Il mio sconcerto (e la conseguente espressione iperbolica sui tonni) non si riferiva tout court a chi la pensa diversamente e vota diversamente, quanto a chi è convinto che “meno male che Silvio c’è” sia un contenuto politico, a chi confonde il giuramento di fedeltà con un progetto di società, a chi pensa che l’amore e l’odio siano chiavi interpretative della finanziaria… insomma a coloro che ritengo vittime di una sorta di ipnosi.
La riflessione intendeva comunque essere più un amaro commento a caldo che una conclusione autoassolutoria di quelle per cui tutte le partite perse sono colpa all’arbitro o della mala sorte.
Hai ragione a ricordare che abbiamo bisogno di una “vision”, di sognare, che a molti non basta “la ragionevolezza delle idee” ma hanno bisogno di sentire il brivido di un’emozione… Mi piacerebbe però che l’emozione non fosse l’alternativa alla “ragionevolezza”, ma piuttosto ne fosse la figlia… Non vorrei dover scegliere fra un bel sogno raccontato bene (e poi pazienza se era solo un sogno!) e una realtà complessa raccontata male che, per quanto corretta, non affascina nessuno.
Mi piacerebbe avere politici così convinti e credibili da riuscire a raccontare la realtà senza barare e, al tempo stesso, di tracciare un percorso di trasformazione in uno scenario che accenda l’entusiasmo… insomma la ragionevolezza e l’emozione insieme… già questo non è male come sogno ! Ci vorrebbe un Obama… e purtroppo non basta scurire la pelle di Bersani…
Sono convinto che anche le emozioni, così come le buone politiche, non si improvvisano. Per emozionare davvero non basta vestire a festa le idee di ieri, per “raccontare il mondo fantastico che potremmo costruire insieme” bisogna prima avere un’idea di come è fatto: il dépliant del paradiso è più convincente se è accompagnato dalla mappa per arrivarci. Insomma chi ci racconta la storia, se ci vuole emozionare, dovrebbe forse cominciare a crederci un po’ di più e noi che la ascoltiamo dobbiamo forse essere più disposti a farci coinvolgere invece di preoccuparci di giudicare il narratore…
E’ vero che senza sogni non si va da nessuna parte, ma i sogni senza idee rischiano di finire ancora prima della prossima campagna elettorale. Sono sicuro che un equilibrio fra le due cose deve esserci: aiutiamoci a trovarlo.