All?interno del sistema audiovisivo italiano si dibatte una televisione pubblica che ormai ha ben poco di pubblico, e una televisione parecchio privata, il tutto ben aggrovigliato tra frequenze che nessuno vuole lasciare andare e osservato dall?alto da satelliti poco attraenti per chi giù si trova bene da anni, legalmente o illegalmente. Intanto si discute una prossima legge di ?riordino del sistema radiotelevisivo? che, tra l?altro, privatizzerà la RAI, almeno formalmente, e in realtà aggroviglierà il tutto ancor di più. Unico, a tenere il bandolo della confusa matassa, sarà il pubblico capo dei privati interessi: Silvio Berlusconi.
Ma qual è la situazione degli altri Paesi europei?
Come in Italia, anche Francia e Spagna la televisione, a monopolio pubblico, ha iniziato a trasmettere negli anni ?50. Come in Italia, anche in Francia e in Spagna le principali innovazioni si sono registrate negli anni ?80.
In quel periodo infatti in Francia si sono susseguite varie riforme, fra cui l?istituzione dell?Autorithy e il riconoscimento ai privati della possibilità di esercitare imprese televisive. Dal 1989 tutto il sistema è controllato dal C.S.A. (Consiglio Superiore dell?Audiovisivo), autorità autonoma e protagonista fondamentale dello sviluppo del sistema audiovisivo francese. Le reti nazionali, pubbliche e private, sono molto forti e seguite, mentre soltanto cinque sono le televisioni locali. Queste ultime infatti, pur avendo un?ottima audience, hanno enormi difficoltà finanziarie. La loro unica fonte di guadagno è rappresentata dalla pubblicità, ma non possono farne in grande distribuzione per non penalizzare la stampa locale e regionale. È invece molto forte e articolata la Pay TV, che conta quattro milioni e mezzo di abbonati.
La Spagna, dove il sistema radiotelevisivo era rimasto sostanzialmente invariato per tutto il periodo del regime franchista, ha adeguato l?impianto complessivo dopo l?entrata in vigore della Costituzione democratica del ?78. E? iniziato allora il nuovo corso della televisione spagnola, che ha permesso l?ingresso dei privati nel ?90. In Spagna non esiste un?Autorità che sovrintende al sistema delle comunicazioni. Di ogni forma di organizzazione e regolamentazione si occupa infatti direttamente lo Stato, attraverso i ministeri competenti. Non esiste la Pay TV, e vi è inoltre un sistema di radio e televisioni locali – anche pubbliche – molto articolato, caratterizzato da forme di decentramento, anche finanziario, alle autonomie regionali e comunali. Particolare interessante: tanto in Francia quanto in Spagna è stato “risolto” il problema della par condicio. È infatti vietata ogni forma di propaganda e pubblicità politica ed elettorale, ed in entrambi i paesi le reti sono obbligate a fornire gratuitamente ai candidati gli spazi necessari a farsi conoscere dagli elettori.
Il Regno Unito è esempio per eccellenza di televisione pubblica con l?arcinota BBC, mentre nel contesto svedese, dove originariamente vi era un rigido controllo statale, è poi nato e si è sviluppato il fenomeno dell?emittenza privata molto prima che in Italia. Il sistema svedese, attualmente, è fortemente orientato e dedica particolare attenzione ai possibili sviluppi tecnologici, quali la televisione digitale.>br> Tanto in Germania quanto in Ungheria il sistema radiotelevisivo si caratterizza per la forte impronta pubblica. In Germania, infatti, l?iniziativa privata è stata ammessa a pieno titolo solo nell?ultimo decennio. Lo sviluppo del settore privato fra l?altro risulta per il momento ostacolato dalla scarsità di frequenze disponibili.
Situazione analoga in Ungheria, dove l?apertura del sistema radiotelevisivo ai privati è avvenuto solo nel 1996, a seguito dei radicali cambiamenti intervenuti in campo politico sul finire degli anni ?80.>br> In Germania il governo della televisione pubblica (2 canali, la ARD, sorta nel 1959 come cooperativa costituitasi fra i sistemi radiotelevisivi sovra-regionali, e la ZDF, il secondo canale costituito nel 1961 da parte dei vari Lander) è affidato principalmente ai Consigli della radiodiffusione, che detengono poteri regolamentari e di sorveglianza piuttosto estesi. Meno incisive sono invece le loro attribuzioni per quanto riguarda i programmi, rispetto ai quali si limitano a stabilire direttive di massima. Per quanto riguarda il settore privato, esso è rappresentato in Germania, su tutto il territorio federale, da 40 canali televisivi e dai 75 ai 100 programmi radiofonici.
Il sistema televisivo ungherese è stato completamente riorganizzato dalla legge n. 1 del 1996, che ha consentito l?apertura all?iniziativa privata, e creato la Commissione Nazionale della Radio e della Televisione, un?Autorità di nomina parlamentare il cui compito principale è appunto quello di assegnare le concessioni per le emittenti commerciali. Spetta fra l?altro a tale organismo attribuire la qualifica di televisione pubblica alle emittenti, sulla base di specifici requisiti relativi al contenuto dei programmi. Con tale qualificazione esse possono esercitare gratuitamente la propria attività, partecipare alla ripartizione delle risorse finanziarie per la radiodiffusione e stipulare, sulla base di parametri prestabiliti, i contratti, che hanno durata massima di 10 anni, per l?apertura di emittenti private.
L?analisi della regolamentazione del governo del settore radiotelevisivo in Germania ed Ungheria può fornire utili elementi di riflessione su uno dei problemi più delicati della scelta in tema di telediffusione, che riguarda il ruolo dello Stato in rapporto all?iniziativa privata.
Le situazioni sono tante e differenti: la nostra però, sicuramente, è unica.
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