Le parole del ministro Giovanardi di qualche settimana fa, che in un confronto politico radiofonico faceva un parallelismo tra la legislazione nazista e l?eutanasia infantile proposta in Olanda per bambini affetti da patologie, hanno fatto molto scalpore sul piano politico e diplomatico, lasciando un po? in ombra un dibattito che, in un clima così acceso di campagna elettorale, andrebbe affrontato per non ritrovarci impreparati quando anche in Italia saremo chiamati a farne i conti.
Tutto risale al 2004 quando la clinica pediatrica di Groningen in Olanda annuncia di avere il via libera delle autorità anche per l?eutanasia di pazienti sotto i 12 anni vittime di gravi malattie che procurano ?sofferenze intollerabili?. Secondo il protocollo di Groningen, stilato dal dottor Eduard Verhagen, sono 3 le categorie di neonati su cui si può intervenire per porre fine alla loro vita: bambini che non hanno alcuna possibilità di sopravvivenza; bambini che presentano prognosi senza speranza e che patiscono quelle che i medici esperti e i genitori giudicano essere sofferenze insopportabili; neonati che presentano una diagnosi infausta e che sono sottoposti a terapia intensiva.
Grazie alla formazione di un comitato composto da un legale, tre medici e un espero in bioetica, tra poche settimane sarà ancora più semplice intervenire con un?eutanasia infantile, perché, a seguito di una verifica dei criteri di attuazione, vaglierà a posteriori gli interventi effettuati fornendo un parere alla Procura locale; criteri ampiamente discutibili e soggettivi legati all??opinione medica prevalente?, al parere di un medico ?indipendente?, all?assenso ?esplicito e ripetuto? dei genitori, con l?unica finalità di salvaguardare l?impunità dei medici rendendoli autonomi nei confronti dei tribunali.
E? bene evidenziare che in Olanda non sono proprio tutti favorevoli; ne è prova un video ?No all?eutanasia?, realizzato dal movimento ?Schreeun on leven?, che raccoglie testimonianze di olandesi che hanno vissuto da testimoni diretti questo dramma, per far riflettere che, quando si cura nel modo appropriato, l?eutanasia non viene richiesta.
E? una situazione complessa e articolata che in Italia fa ancora orrore, anche se ci sono già molti segnali che testimoniano la volontà di importarla nel nostro Paese, come accade già per altri temi per i quali si chiede una legalizzazione di diritti che però non possono essere considerati oggettivi;assistiamo, ormai da tempo, ad un relativismo sempre più marcato di valori fondamentali, quale la vita, che non possono essere messi in discussione, come già è successo con il referendum sulla fecondazione assistita, perché valori universali dell?uomo. Il rischio, ben evidenziato da Bert Dorembos, presidente dell?associazione ?Schreeun on leven? (Grido per la vita) è che ?una volta che hai accettato che la morte sia la soluzione a un problema, si troveranno immediatamente centinaia di motivi per i quali uccidere sarà considerata una soluzione?, dando così forma ad una mentalità basata su un ?diritto a morire? che include categorie sempre più vaste di pazienti.
Nel chiedere l?eutanasia per un paziente che sarà disabile si evidenzia drammaticamente un?impreparazione umana e culturale ad accogliere il diverso, una mancanza di volontà nel cambiare le cose;alla cultura della paura, del fuggire dal dolore, dalla fatica, dalla diversità bisogna contrapporre la solidarietà, la condivisione, finalizzando la vita ad un incontro solidale con il prossimo, anche malato, per un benessere di tutta la società.
Il dibattito è agli inizi, ma è bene non perderne di vista i contenuti, perché non esistono schieramenti politici, non esistono divisioni quando si vanno a ledere i principi fondamentali della convivenza umana, perché la risposta alla sofferenza non può essere la morte del paziente, ma il rispetto per la vita e il proseguimento delle cure.