– Don Mario, perché la contesa politica in Italia è stata negli ultimi anni così aggressiva e così povera nei contenuti, diciamo pure: così caduta in basso? E, nello stesso tempo, perché la gente si sente sempre più lontana dai politici?

Io credo alcune cose. Parto dai cittadini, i quali non si sentono protetti e garantiti dai politici che essi stessi contribuiscono a scegliersi come rappresentanti.

Perché?
Perché da un lato lamentano la mancanza di servizi essenziali. Una sanità pubblica dove, come dicono le statistiche, muoiono ogni anno tante persone per errori medici e disorganizzazioni; e dove per un?analisi o per un?operazione chirurgica devi aspettare mesi, mentre solo se paghi di tasca tua, e salato, puoi ottenere tempi rapidi. Lamentano città invivibili per lo smog, il traffico, i rifiuti che non vengono smaltiti. E ritengono che pagare le tasse che pagano dovrebbe essere più che sufficiente per avere ciò che invece ritengono di non avere. Potrei aggiungere che non accettano che a imporre loro sacrifici siano persone che guadagnano, per il solo di mestiere di scrivere le leggi, dieci, venti, cento volte più di quello che guadagna un operaio o un impiegato.

– Dunque tu giustifichi questo malcontento?
Fino a un certo punto. Perché ci sono tre errori da correggere. Il primo è credere che pagare le tasse significhi versare un dazio, una specie di tangente obbligatoria al potere in senso astratto, a un tiranno cattivo che pretende una parte dei tuoi guadagni. Non si ragiona sul fatto che, a parte situazioni che devono essere eccezionali, individuate e punite, i soldi pubblici servono per tutti noi, anche per te e per me, non per una classe di burocrati ricchi.
Il secondo errore è che chi ha raggiunto dei privilegi non è più disposto a metterli in discussione. Anche chi più si è arricchito, chi guadagna di più, si sente defraudato se lo Stato gli impone una tassa leggermente più alta o se gli viene impedito di svolgere un terzo o un quarto lavoro. E la disputa è pure tra poveri; si dice: ma se non si sacrificano quelli, perché dovremmo farlo noi che abbiamo di meno?
Il terzo errore è avvertire una differenziazione totale con le istituzioni e la politica. Noi contro di loro. Noi i poveri lavoratori onesti e loro i potenti, cattivi e forse corrotti. Come se certi mali, a cominciare dalla corruzione e dal non fare fino in fondo il proprio dovere di cittadino, non tagliassero trasversalmente tutta la società, non cominciassero dal basso…

– Ma la polarizzazione delle compagini politiche, il bipolarismo, non pensi abbia creato ulteriori guasti?
Se la politica si basa tutta su come distribuire denari, è evidente che il politico, soprattutto in campagna elettorale, si presenterà come colui o colei che offre le migliori condizioni al cittadino. Un po? come al mercato si esibiscono i prezzi delle proprie merci sperando di attirare il maggior numero di acquirenti. Ora, il bipolarismo riduce il ?mercato politico? a due offerte. Dunque il meccanismo diventa teoricamente più semplice per l?elettore e i politici insistono su questi aspetti.
Inoltre, il bipolarismo accentua le differenze; come dice il nome, le polarizza. Divide anche là dove dovrebbe e potrebbe esistere una convergenza di vedute, impedisce alleanze differenti dai due blocchi contrapposti. I quali blocchi, come in una partita, si fronteggiano per superarsi. E lo fanno, ormai, senza rinunciare a nessun espediente: per usare la metafora del calcio, con gli sgambetti, le spinte, i falli o la simulazione dei falli, le accuse agli arbitri, le campagne acquisti e via dicendo. Raramente ci si occupa del ?bel gioco?, ossia di una politica fatta di valori, di obiettivi importanti per tutta la popolazione, di soluzione dei grandi problemi; ma si cerca soprattutto di ?mettere la palla in rete?, cioè di conquistare il potere e possibilmente conservarlo.

– Però non mancano politici che hanno davvero a cuore tutti i cittadini e che si battono per quello che tu dici…
Certo che no. Però anche loro devono raggiungere e mantenere la poltrona, altrimenti i loro progetti sarebbero irrealizzabili. Devono trovare alleati. E finché si resta alle belle parole, il cittadino non riesce a capire chi è sincero e chi mente, chi fa promesse sapendo di non poterle mantenere e chi sta lavorando seriamente per un obiettivo giusto, senza essere così famoso e visibile da essere individuato.

– Insomma, i migliori politici sarebbero al di fuori della grande ribalta?
La politica si è anche spettacolarizzata, come troppi altri ambienti della nostra società. E lo spettacolo pretende i ?personaggi?, le polemiche, le beghe, i proclami e le grandi proteste. Una discussione seria e concreta in Parlamento raramente fa notizia. Se due parlamentari, ahinoi, si insultano e si azzuffano, allora eccoli in prima pagina e nei titoli dei telegiornali!

– E anche in questo caso lo spettacolo è più facile se le squadre che si combattono sono due e ben distinguibili. Si può rimediare a questa situazione?
A tutto si può rimediare, con la buona volontà, la coerenza e l?amor civico. Meno spettacolo, più chiarezza da parte degli operatori dell?informazione, più costruttività e collaborazione tra le parti politiche, meno ripicche personali, meno polemiche fini a sé stesse. Spesso si dicono le stesse cose in modo diverso, eppure ognuno accusa l?altro di ingannare gli italiani!

– Tempo fa ha fatto notizia un tuo intervento, in favore dell?impegno concreto dei cattolici anche in politica. Ritieni che i cattolici continuino ad allontanarsi dalla politica?
Credo che siano tra quelli che vogliono cambiare di più. Ma sono pochi. I valori autentici dovrebbero appartenere a un?intera classe politica. Purtroppo non è così. E spesso i cattolici si trovano schierati su fronti opposti, a darsi battaglia. Logico allora che i temi principali restino legati agli aspetti economici e finanziari della vita dello Stato, mentre per quelli più elevati di carattere etico e morale, si lasci libertà di coscienza. Che vuol dire molto, ma anche poco: perché in tal modo le questioni di coscienza rischiano di essere considerate un fatto marginale, di scarso interesse. E il messaggio che si trasmette è che, ancora una volta, l?unica cosa che conta nella nostra vita è il denaro.

– Come giudichi quel sito Internet cattolico che ha lanciato lo slogan ?adotta un politico e prega per lui??
Una bella provocazione col rischio però di scadere nel caricaturale e nell?attacco ironico a questo o quel personaggio. C?è un vecchio modo di dire: parla sempre bene di una persona, e se proprio non puoi parlarne bene, prega per lei. Anch?io, come tutta la Chiesa, prego spesso per chi ha in mano le sorti del mondo, e non solo del nostro Paese, perché operi sempre nell?interesse dei cittadini e nel rispetto dei diritti e delle leggi morali e sociali.

– Credi che in questo periodo il governo abbia seriamente l?intenzione di favorire lo sviluppo di nuove politiche per promuovere il benessere tra i giovani?
Me lo auguro. Ma dobbiamo intenderci su cosa sia il benessere e su cosa voglia dire promuovere. Fino ad oggi l?unica discussione, più che altro un bisticcio, che abbia riguardato i giovani è la quantità massima di spinelli che si possono portare con sé senza incorrere in sanzioni penali. È anche vero, per tornare alla questione della visibilità, che alcune iniziative si stanno muovendo, anche se non sono giunte alla grande ribalta. Confido per esempio che il mondo della scuola, opportunamente stimolato e indirizzato dal Ministero dell?Istruzione, riprenda in mano un?azione di prevenzione di cui, negli ultimi anni, non s?è saputo più nulla.

– Ritieni che la legge sulla droga debba essere cambiata?
Una qualsiasi legge nazionale, accompagnata dalle normative regionali, dovrebbe rendere possibile quello che abbiamo scritto altre volte nel ?delfino?: una prevenzione fondata sulla pedagogia, sull?educazione alla vita; il sostegno serio e continuo a quel privato sociale che opera bene; una collaborazione proficua tra pubblico e privato; la formazione degli operatori come presupposto per lavorare in modo efficace; un impegno di tutti teso a cambiare lo stile di vita di giovani con problemi o a rischio, e non a disquisire soltanto dove la sanzione amministrativa diventa penale e quando la libertà diventa carcere o viceversa.

Enzo Caffarelli