Quanti quotidiani si vendono ogni giorno in Italia, se escludiamo quelli sportivi? Cinque milioni. Quanti italiani entrano regolarmente in libreria? Cinque milioni. Quanti sono i visitatori dei siti d’informazione? Cinque milioni. Quanti seguono Sky Tg24 e Tg La7? Cinque milioni. Quanti guardano i programmi televisivi d’approfondimento in seconda serata? Cinque milioni, di ogni opinione politica. Il sospetto è che siano sempre gli stessi. Chiamiamolo Five Million Club. È importante? Certo, ma non decide le elezioni.”
(Beppe Severgnini,

Corriere della Sera
, 27.10.2010)

Credo di essere uno di quei cinque milioni, insomma un membro del Five Million Club, ma non sono affatto sicuro che sia una buona notizia.

Se la vita fosse come la scuola, essere attenti, informati e capaci di non fermarsi alla superficie delle cose sarebbe certamente un merito, ma la vita non è come la scuola e spesso non c’è nessuno che fa le pagelle.

Ovviamente noi del Five Million Club siamo convinti di scegliere la parte migliore, di essere nel giusto… ci diciamo che è comunque meglio approfondire e capire che gridare senza capire… che alla lunga la ragione prevarrà sulla superficialità e i contenuti sull’emotività…, ma pensiamo queste cose proprio perché siamo del club e ce le diciamo sempre fra noi cinque milioni.

La democrazia è sicuramente il miglior sistema che gli uomini abbiano (fin qui) inventato per evitare di sbranarsi, ma purtroppo è anche il sistema nel quale non vale l’aforisma di Woody Allen per il quale se uno è intelligente può sempre fingere di essere cretino mentre il contrario non è possibile… in democrazia è possibilissimo: basta che i cretini siano di più.

Noi del Five Million club pensiamo fondamentalmente di essere i “sani”; io comincio invece a sospettare che la militanza nel club sia fondamentalmente una patologia e sto cercando il modo di guarire.

Come inizio della terapia pensavo di lavorare su due aspetti: quello delle “fonti” e quello dei “perché”.

Non dovrebbe essere difficile. Per le “fonti” comincerò gradualmente a smetterla di chiedermi se le affermazioni della politica sono fondate e credibili, esse sono e basta. Devo lavorare di pancia, non di testa. Quando sento una cosa devo solo dire se mi piace o non mi piace (come i bambini), evitando ragionamenti, confronti e valutazioni. Se mi piace dico si, se non mi piace dico no.

Se mi piace chi l’ha detta è un amico, se non mi piace chi l’ha detta è un nemico. Dovrebbe essere facile. Un po’ regressivo, ma facile. (Veramente intuisco che c’è qualcosa che non va, qualcosa di stupido… ma se cerco di capire cos’è mi ritrovo nel club da cui sto cercando di uscire…).

Per i “perché” è ancora più semplice: basta eliminare la domanda. Non bisogna chiedersi perché un’affermazione viene fatta, se favorisce alcuni interessi o se ne danneggia altri, perché è stata fatta in quel momento, perché sarebbe migliore di altre affermazioni divergenti, ecc.: si tratta di domande che non devono riguardare me che ascolto l’affermazione. Le risposte sono certamente già state date da chi mi parla, io sono solo il consumatore finale.

Ecco forse è proprio qui il segreto per guarire dalla patologia del nostro club: trasformarsi da interlocutori di proposte in consumatori di risposte.

Proverò questa terapia. Tutto sommato non rischio molto: se non funziona torno nel club dei cinque milioni a immaginare mondi virtuali, se funziona mi ritrovo nel più grande club dei 40 milioni che decidono le elezioni (e poi, forse, imparerò anche a smetterla di parlare solo a chi già la pensa come me).